La macchina delle primarie per i parlamentari è partita in tutta Italia.
Lo spettacolo è affascinante, tipo National Geographic: accoppiamenti, scambio di correnti, finte e controfinte.
Anche questo è un aspetto della democrazia: come diceva Marilyn Monroe, il bello delle elezioni è che non si sa mai come vanno a finire. Figuriamoci le primarie. Figuriamoci quelle inedite. Figuriamoci le primarie inedite che si collocano nel bel mezzo alle Feste natalizie.
In ogni caso, la sfida è lanciata, le candidature rappresentano tutte le sensibilità del «grande Pd» che abbiamo a cuore, e tutto sommato questi giorni confusi dicono che c’è ancora un partito e che ci sono relazioni da tessere, non solo tessere da misurare.
C’è però un aspetto che andrebbe chiarito e che riguarda la parte pre-compilata, diciamo così, del listino: chi ci entrerà, con quali criteri, se saranno esponenti esterni o, come sembra di capire, anche esponenti interni. Anzi, intimi.
Perché sapete come la penso: la mia interpretazione del listino, che avrebbe potuto essere di minore entità e ‘lunghezza’, è che sia rigoroso e che ogni scelta sia di grande valore, proprio perché solo persone di grande valore devono entrare a farne parte. Lo stesso vale, o dovrebbe valere, per i capilista.
Dalla provincia in cui mi trovo, però, tutto è molto opaco: e non si capisce come si stia redigendo questa parte della lista, si parla di quote e di spazi assegnati sulla base di non si sa bene cosa, si legge che si stanno attribuendo candidature sulla base di equilibri interstellari, che nemmeno i Maya saprebbero interpretare.
Noi vorremmo sapere tutto. Crediamo di averne diritto. E crediamo che questa ‘operazione’ farebbe bene a tutti. Soprattutto al Pd. E al Parlamento dei prossimi cinque anni. Che non è una cosa secondaria: no, è proprio una cosa primaria.
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