Fatemi dire che cosa penso del Pd, di Bersani e del Congresso.
Essendomi candidato in tempi non sospetti e a prescindere dal risultato delle elezioni e, ancor prima, delle primarie, credo di poter dire che quanto leggerete non vi sorprenderà e spero che i giornali ne scrivano in questi termini, senza storpiare il pensiero di chi sta cercando di mantenere un equilibrio e una misura.
Bersani non sarà più il segretario del Pd, lo ha detto tempo fa e come ho già scritto sia lui che noi speravamo che fosse per un motivo diverso da quello con cui ci stiamo confrontando. Doveva lasciare l’incarico per fare il premier ed è abbastanza logico che lo faccia anche nel caso contrario. O, almeno, a me pare logico.
La questione, quindi, è già posta. E non è il caso di assumere un profilo da tricoteuse, né d’altra parte di negare l’evidenza più evidente che ci sia. Le elezioni avremmo dovuto stravincerle, tanto che nel Pd si pensava dichiaratamente a un periodo di transizione, in cui Bersani nominasse un suo successore prima di celebrare il Congresso. Ora mi pare che le condizioni siano molto cambiate.
La frase del titolo è di Saramago: e forse dovremmo renderci conto che è ora di fare due cose che sono apparentemente in contrasto tra loro, ma non lo sono. Per capirci: è giusto che Bersani vada da Napolitano, sulla base delle poche linee programmatiche che plausibilmente possono trovare una maggioranza in Parlamento, e che lo possa fare con la serenità minima di chi si trova di fronte a una missione (quasi) impossibile. Nello stesso tempo, però, bisogna essere seri e rigorosi con se stessi e avviare un percorso congressuale, in cui si riparta da zero, in cui tutti siano messi nelle condizioni di competere.
Mi sorprende vedere tanti bersaniani del gruppo del nocciolo prospettare soluzioni diverse, con l’ipotesi che Bersani lasci immediatamente il passo ad altri, anche per la formazione del governo. Anzi, non mi sorprende: il conformismo è strutturale. Se Bersani vince, viva Bersani. Se Bersani perde, diamogli addosso. E invece ci vuole una misura diversa, che non è la banale responsabilità di chi vuole salvare il salvabile, ma di chi vuole uscire da questo impasse (traduzione: casino totale) con un po’ di razionalità e di speranza per il futuro.
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