Risalendo il Mekong, alla fine, nel rifugio, non si è trovato nessuno.

L’esplorazione è stata accompagnata da ipocrisie e sarcasmi d’ogni sorta: l’ipocrisia di chi dice che voterebbe tutto, ma non la fiducia (quindi, niente); di chi dice che tutto deve essere trasparente e adotta formule ispirate al più oscuro politicismo, blindando le proprie riunioni e negando a tutti la possibilità anche solo di capire; di chi continua a strepitare, perché col fragore si nasconde il silenzio della proposta politica che si fatica a trovare.

Da giorni, lo sanno tutti, l’unica cosa che avrebbe un senso politico è un governo Pd-M5S, con Bersani o con una personalità che possa trovare il sostegno del Pd e del M5S. Solo che il M5S sul punto continua a dire e non dire, a dire e a smentire (forse anche senza ‘s’) e soprattutto si nega la cosa più ovvia e necessaria: trovare un nome di cui discutere. Al grande giorno, non al segreto delle stanze romane, come chiedo da tempo (quello che abbiamo chiamato «piano C»). Il non voler fare un nome, come il non voler dare la fiducia, vuol dire non voler trovare alcuna soluzione.

E così via ai sarcasmi, che sono l’unica cosa che rimane alla classe dirigente. E tutti a dire: deciderà Napolitano, come se fosse un successo della politica e di un Parlamento nato sotto il segno del cambiamento e dell’incertezza. E dal governo del cambiamento siamo puntualmente passati al governo dell’incertezza.

Tutti, infine, sperano che salti anche il Pd, essendo saltato quasi tutto il resto. E allora viva il governissimodelpresidenteconilsostegnodituttielaresponsabilitàdinessuno, nonostante il caso Monti-Terzi e la fine ingloriosa che il governo tecnico ha registrato ieri.

Ora, se fossi Bersani, sarei io a sparigliare e a dare un messaggio inconsueto, in queste ultime ore di esplorazione. Riportando il Pd – tutto il Pd, non solo le sue correnti (che non sono mai state così attive) – al centro della scena politica. Se Bersani lo farà, cambierà il destino di tutti noi. In articulo mortis, com’è tipico di questo Paese e com’è successo anche per le presidenze di Camera e Senato, forse qualcosa si può tentare.

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