Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Giro l'Italia, chiedendo a me stesso e alle persone che incontro: che cos'è, per voi, importante? Quali sono le cose a cui tenete di più, quali le vostre reali preoccupazioni, quali le soluzioni che auspicate?
Questo è il punto. Questo è il senso da dare alle cose, in questi giorni elettorali. Nient'altro.
Certo, è importante la visibilità di ciascuno, la capacità di attirare l'attenzione su di sé. Inizio però a sentire il peso dell'eterno sparigliare del dibattito pubblico italiano. Anche perché, alla fine dello sparigliamento, nessuno capisce più nulla. E ci si ritrova, immancabilmente, con meno diritti, con meno parole, con meno ragioni.
Le questioni sono sempre fraintese, in un dialogo tra quasi sordi, in cui non si cerca nemmeno più di capire quello che ci viene detto, ma solo quello che interessa sentirsi dire.
E invece avremmo bisogno di capire di più, di saperne di più. Di interpretare le grandi e piccole trasformazioni della nostra società con una misura e con una credibilità che ci manca. E con più fiducia, la parola chiave di tutta questa nostra storia.
La buona politica si distingue dalla cattiva soprattutto da questo: e dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia, come diceva una canzone ormai antica.
I conti, le loro rese, le valutazioni, facciamole dopo. Ora preoccupiamoci di fare di tutto perché le nostre ragioni abbiano ascolto e, per questo, prima di tutto, siano comprensibili da parte di tutti. Perché le nostre 'teorie' abbiano un destinatario e lascino, dietro di sé, una maggiore comprensione delle cose e delle parole che dovrebbero servire a raccontarle.
Lasciamo da parte il cinismo, se possiamo. E i calcoli. Soltanto così avremo, comunque, rischiato. E vinto. Perché si può vincere. Basta solo metterselo in testa. E metterci un po' di entusiasmo. Perché ne sentiamo, anche noi entusiasti, la mancanza.
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