Anche in Parlamento, alla Camera, è sbarcato il cane da riporto, nell’intervento di un deputato del M5S.
In realtà, a me i cani da riporto sono sempre piaciuti. E il labrador potrebbe dare il nome a una corrente di pensiero che attraversa il Paese. Una corrente calda, questa volta, di dibattito e di approfondimento culturale.
Sì, perché l’unica cosa da fare è riportare le persone a partecipare e a votare, riportarle a discutere delle cose serie ed essenziali, stabilire obiettivi che riportino il centrosinistra dove dovrebbe stare e il Paese in una posizione migliore dell’attuale.
In questo senso la categoria del riporto perde la sua volgarità (che rimane solo nelle parole di chi la pronuncia) e ritrova il suo senso più corretto.
C’è una nota da aggiungere: che bisognerebbe riportare (appunto) tutto questo nel dibattito organizzato e regolamentato di un partito, che definisca la propria linea in un Congresso, che si faccia capire e che appassioni gli italiani proprio perché sa organizzare e appassionare i propri aderenti.
Per questo penso che il problema della democrazia interna e del posizionamento sia lo stesso e sia importantissimo: perché c’è chi fa i processi e chi fa i congressi. E la migliore risposta che il Pd possa dare alle cronache di questi giorni, è aprire al più presto il proprio congresso, in tutti i sensi e in tutte le accezioni dell’espressione: aprirlo alla partecipazione, certamente, ma aprirlo alla critica, alla società, da e verso se stesso. Sotto il segno del labrador.
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