Ieri Bersani si è rivolto agli esponenti del Movimento 5 Stelle con un richiamo che fa segno a un certo paternalismo: «è venuto il momento di uscire dall’infanzia e di decidere di diventare un movimento politico reale».
Intendiamoci: Bersani ha ragione, perché la partita è seria e non è affatto vero che siano «tutti uguali», come vuole uno dei luoghi comuni più pericolosi della politica di sempre.
Però, e lo dico sommessamente, se è vero che qualcuno deve «uscire dall'infanzia», qualcun altro deve «tornare giovane», e cercare di capire in profondità le ragioni di un voto che non può lasciarci indifferenti, come sostengo ormai da mesi (prendendomi sovente del pirla).
Non è un dato solo emiliano, quello del M5S, come qualcuno ha voluto raccontarlo. Mi pare di poter dire che sia un dato trasversale, sia dal punto di vista geografico, che dal punto di vista politico, perché in Emilia colpisce soprattutto il Pd, ma in altre località (e ad altre latitudini), colpisce anche qualcun altro, a cominciare dalla Lega (a Novara, il M5S è al 7,4% e supera il Terzo Polo, a Vimercate, in provincia di Monza e Brianza, è all'8%, e il centrosinistra mantiene più o meno il dato di cinque anni fa).
Si tratta, poi, di un risultato che ci aiuta a capire le ragioni dell'astensionismo (proprio perché lo riassorbe in parte) e del risentimento di molti italiani verso la politica politicante, che non è sempre immotivato, né irresponsabile (diciamo così, pensando all'aggettivo più in voga nell'attuale maggioranza di governo).
E, infine, è un dato che riguarda giovani e giovanissimi elettori e militanti. Che tocca temi della contemporaneità, dall'ambiente all'innovazione (non senza qualche ingenuità).
Ecco, tornare giovani, a volte, non fa male.
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