Vorrei che fosse chiaro e che fossimo sinceri: la proposta del governo NON comporta l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Averla presentata così, è stato un azzardo. E, al di là delle intenzioni sicuramente disinteressate e corrette del premier, sa un po’ trucco.

Sul punto, mi dispiace dirlo, ha ragione Grillo.

La proposta del governo è lontana dal l’abolizione tout court del finanziamento, così come in campagna elettorale l’hanno presentata, con parole diverse, Berlusconi, Grillo e, nel Pd, Renzi.

La proposta è piuttosto simile a quella individuata nel lavoro preparatorio che Walter Tocci aveva avviato al Senato, con cui abbiamo fatto ‘sponda’ in più occasioni.

A me non dispiace, sia chiaro, perché ho sempre parlato di un superamento dell’attuale sistema di finanziamento, non di una sua abolizione totale.

In sostanza, per quanto riguarda il testo in esame, si tratta dell’abolizione del rimborso automatico e il passaggio a forme volontarie di finanziamento, con strumenti diversi, che però gravano sulle finanze pubbliche. Se rendi detraibile una sottoscrizione, e consenti di optare per il partito nella dichiarazione dei redditi, di fatto non puoi non parlare di finanziamento pubblico.

Certo non è diretto, non è sovrabbondante, non è pasticciato, ma è finanziamento pubblico.

Un finanziamento pubblico profondamente rivisto nel meccanismo e decisamente ridimensionato rispetto al passato.

Meglio dirla così, che dire che lo aboliamo. Perché non è vero.

Mi chiedo, da ultimo, come voteranno in aula gli abolitori: il M5S sono certo che voterà contro, non so che cosa farà Berlusconi. Perché lui è per l’abolizione in campagna elettorale e per la conservazione durante la legislatura. Come sempre, da vent’anni.

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