Del Pd sulle questioni politiche dirimenti, che inutilmente chiedo da aprile a questa parte, chiarirò il mio rapporto con il governo.
Leggo (ancora) che sarei un’anima bella (chissà quanto volontaria citazione hegeliana) che dice le cose che dico (da sempre) per ragioni congressuali.
E invece le mie sono ragioni politiche, che ci sono e ci sarebbero a prescindere, e che sono maturate ai tempi dei 101 e di chi, allora come oggi, preferiva questa soluzione alle altre: quando il Pd si imporrà sulla legge elettorale? Quando il Pd chiarirà se abbasserà le tasse sul lavoro, invece di intervenire sulle tasse sul patrimonio? Quando saremo autorizzati a dire la nostra su alcune questioni serie che ai nostri elettori stanno a cuore, a cominciare dai cacciabombardieri? Quando torneremo a confrontarci con quel tema politico, che ci vede alleati con Sel dappertutto (anche dopo aver inaugurato il governissimo), sulla base di principi e modalità opposti rispetto a quelli del governo nazionale?
Nella settimana successiva alla fiducia per salvare Alfano a dispetto di ogni evidenza contraria e come se nulla fosse, prendersela con me rasenta il ridicolo. Farlo con i consueti toni di disprezzo e con i reiterati richiami all’ordine, può servire per farsi un po’ di pubblicità e farsi apprezzare dalle gerarchie ministeriali, ma non risolve certo il punto politico.
Spero, per i super-governativi che danno giudizi sprezzanti sui propri colleghi e che non si curano del disagio di milioni di elettori, che se ne rendano conto.
Perché siamo tutti un po’ stanchi di alibi e di mezze parole. Di fughe in avanti (fino al 2015 e oltre) e di passi indietro molto poco seri e onorevoli.
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