Nelle sere delle feste del Pd, tra le cucine e gli stand, e quando poi monto sull’auto per tornare a casa, in uno stato ormai incerto tra il giorno e la notte, attraversato dalle parole e dalle piadine, dalle domande e dalle costine, mi è spesso venuto da pensare che siamo di fronte a una trama gialla fantastica.

Perché è vero, come scrive Alessandro Gilioli nel suo agile e devastante pamphlet, che ci sono stati omicidi-suicidi plurimi, in questi mesi, nel campo del Pd. Ma la cosa notevole è che tutto si sana, tutto si salva, in una perfetta circolarità.

Pensateci, e pensate a Dürrenmatt, e a quel libro che si chiama La promessa e ha per sottotitolo Un requiem per il romanzo giallo. Due claim che fanno al caso nostro.

Non si vincono le elezioni, ma si prova a tenere lo schema come se non fosse successo niente.

Poi lo schema fallisce, anche per essersi contraddetto e stravolto almeno due volte, e ci sono i 101 che fanno fuori Prodi, Bersani e Vendola. In un colpo solo, che nemmeno Django.

Poi gli stessi che hanno cancellato le alternative (e le prove, ovviamente) propongono la soluzione, e spiegano che non ci sono alternative e che c’è un’unica soluzione, quella per la quale avevano ‘lavorato’ fin dall’inizio.

Certo, magari poi non sai dove mettere D’Alema (nel senso che non sta al governo e non pare d’accordo con lo schema che in altre occasioni lo avrebbe visto tra gli ispiratori), ma anche nei delitti perfetti non tutte le larghe intese vengono con il buco.

Nel frattempo, siccome il modello funziona, lo replichi. C’è da cambiare la legge elettorale? Rinvii, votando contro quello che hai sempre detto, e poi, dopo due mesi, dici: eccheccavolo, bisogna cambiare subito la legge elettorale. Poi Berlusconi ha dei guai giudiziari? Finché non esplodono, minimizzi. E quando esplodono, esclami: è inaccettabile. Ci vuole il Congresso? Lo rinvii, e poi rispondi: ma infatti adesso lo facciamo!

Le cose sembrano capitare per caso, nella confusione più totale, anche perché ci sono espedienti (a volte puramente letterari) che giustificano tutto (la migliore di tutte è, ultimamente, il semestre europeo, che è diventato un totem): anche i kazaki o le pitonesse, se ci pensate, rafforzano la trama gialla, le offrono un diversivo, contribuiscono a distrarci. Danno sfogo ai lettori più superficiali, tanto, i protagonisti non possono cadere.

E tutto è circolare e immobile, fin dall’inizio: gli elettori non hanno gradito le larghe intese, le rifacciamo uguali, anzi più forti, perché devono durare di più.

Gli stessi che ci hanno portato fin qui sono ancora al loro posto. Tranne il segretario, sostituito dal suo vice, che però conferma il suo gruppo dirigente al partito. E il Congresso non si fa, perché non ci deve essere un finale aperto. Volevo dire, non deve esserci un finale.

In tutto questo è arrivata la Cassazione, che certo è un bel problema, ma la trama deve resistere. E resisterà.

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