Esce il libro di Walter Tocci, per me il migliore dell’anno in campo politico. Seguitelo, come si fa con i gamberi, per scoprire da dove veniamo e per capire come mai non siamo ancora arrivati a realizzare i nostri sogni.

Il 19 aprile 2013 è la data che ha segnato il collasso della classe dirigente di centrosinistra in occasione delle elezioni per il presidente della Repubblica.

Da quel punto – ancora dolente – prende le mosse questo libro, scritto con dichiarata passione militante: una storia al contrario, sulle orme del gambero, per cercare nel passato vicino e lontano le ragioni degli affanni di oggi. Con l’obiettivo di trovare nuove energie nella lotta. Con la volontà di tornare a vincere.

Lo sguardo sulla vicenda della sinistra italiana è severo e autocritico: la speranza è che i giovani militanti della sinistra sappiano fare meglio della generazione che ancora si trova nelle postazioni di comando, pur avendo subito pesanti sconfitte. Di queste si cerca la radice nelle diverse tradizioni culturali della sinistra italiana e in particolare in quella comunista, per la quale si risale fino agli anni sessanta. Non aver superato criticamente tutte le tradizioni, non aver saputo prendere il meglio lasciando cadere le zavorre, ha appesantito il bagaglio. Si è persa così la grande occasione dell’Ulivo che poteva diventare la forza vincente e plurale. E non si è saputo impedire che un personaggio inaudito prendesse la guida del paese portandolo fuori strada. E tuttavia non sono stati solo limiti soggettivi. Si è dovuto combattere, nel frattempo, contro un ciclo della storia mondiale che ha conosciuto il grande Inganno del cosiddetto «trentennio liberista»; e l’Inganno è destinato a durare ancora, fino a quando non sorgerà un’alternativa politica, un nuovo pensiero, una positiva critica di civiltà. Provare a vedere il mondo a rovescio, esercitandosi a ribaltare le politiche dominanti, è l’unica postura che consente di progettare le vere riforme, quelle che cambiano la vita delle persone.

Per fare le riforme, però, occorre trovare l’energia nelle forze vive della società. Non è vero che viviamo un tempo senza domanda di politica; le energie nuove sono tante, solo che si muovono in forme diverse dal passato. Ci vuole uno sguardo nuovo per incontrarle. E invece, spesso si classifica come antipolitica tutto ciò che non rientra nelle vecchie categorie; si continua a inveire contro il populismo dimenticando che il problema principale della sinistra è proprio aver perduto il contatto col popolo. Il politico appassionato, il militante di lungo corso della sinistra, si confronta così con le domande di senso, coi temi teorici che l’esperienza sollecita e impone: in una sorta di continua tensione tra la civetta hegeliana che si alza in volo per comprendere ciò che è già stato e la sentinella di Isaia che deve ancora annunciare la fine della notte.

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