Il governo delle larghe intese dovrebbe servire a fare scelte di valore strutturale (che possono anche risultare impopolari), non ad assecondare la molteplicità degli interessi diffusi, mi scrive Filippo Taddei.

Purtroppo non è così, anche perché viviamo in un equivoco: il governo deve durare all'infinito (termine tecnico, senza precisare una data di scadenza), sulla base della svolta che la fine del ventennio comporta (per usare le parole del premier), ma in realtà ha riflessi elettoralistici, perché non si sa mai.

Era successo anche con il governo Monti, partito in tromba e finito in sordina, (con la candidatura dello stesso Monti, tra l'altro).

Come spiega il solito retroscena, Alfano avrebbe detto a Letta di non stressarlo troppo, perché senza Berlusconi lui vale il quattro per cento. E, quindi, dalla mediazione con il Pdl, siamo passati alla mediazione tra Pdl1 e Pdl2 con cui poi il Pd deve a sua volta mediare.

La mediazione della mediazione non è proprio l'habitat ideale per progetti di cambiamento.

E così abbiamo un pochino di questo e un pochino di quello. Solo che al Paese servirebbe molto, e servirebbe un governo politico. Non che questo non lo sia: anzi, questo è un governo talmente politico che vuole precostituire un nuovo assetto per la politica italiana, come abbiamo spesso ricordato. Il problema è che un governo che si confronta con il consenso a posteriori, perché nessuno è stato eletto per fare quello che sta facendo. Anche nel Pdl, l'ossessione per l'Imu tradisce questo riferimento elettorale, che nessuno intende (e forse può, e forse non deve) perdere.

La mia contrarietà a questa impostazione dipende soprattutto da quello: non è una contestazione da sinistra (anche se non c'è proprio nulla di male a ricordare che ci saremmo presentati con una certa coalizione che abbiamo poi devastato), è una contestazione che muove dalla responsabilità critica di chi pensa che dobbiamo cambiare ora per rimettere il Paese su una strada diversa. Prendendo decisioni, in un senso o nell'altro. Restituendo ai cittadini quella sovranità che è sospesa da tanto tempo. Ritrovando il coraggio per fare qualcosa di straordinario.

Così si fa fatica: e non è colpa di nessuno, anzi, tutti si impegnano. Solo che è lo schema che non funziona. E il problema, come per tutti gli altri problemi italiani (dal debito pubblico all'Alitalia, per fare due esempi di quelli mostruosi), non è soltanto come ci siamo entrati, ma come ne usciamo.

A questo dovremmo dedicare il Congresso del Pd, la nostra intelligenza, la nostra passione.

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