Ho letto con grande piacere il libro di Sandra Zampa, una bella testimonianza di quella orrenda settimana di aprile in cui il centrosinistra si è spezzato, abbiamo perso per strada Prodi (e anche Rodotà) e abbiamo assistito al delitto dei 101.
Sandra lo racconta con precisione, quell’episodio, tra Roma e Bamako, dove Prodi si trovava, alla ricerca di un senso che abbiamo perduto.
Racconta lo strappo con Vendola e le dimissioni di Bersani, che è anche l’unico a essersi dimesso, con Bindi, dall’incarico che ricopriva.
L’unica cosa che contesto a Sandra, e sono certo che non me ne vorrà, è che quei giorni non hanno sconvolto il Pd. O, meglio, hanno sconvolto i suoi elettori, ma non hanno impensierito più di tanto il suo gruppo dirigente. Che dopo Prodi si è precipitato da Napolitano, ha varato le larghe intese (diretta conseguenza politica della mancata elezione di Prodi e una delle sue cause, non solo il suo effetto più clamoroso), e dei 101 non ha parlato più. Anzi, ha cercato di far finta di niente, di banalizzare le richieste di chiarimento in proposito.
Del resto, come ci si può dire convinti della pacificazione delle larghe intese e nello stesso tempo rimpiangere Prodi, che Berlusconi e i suoi non avrebbero mai voluto vedere al Colle? Come si può ammettere che le larghe intese che molti hanno dichiarato essere l’unica alternativa possibile sono state la mossa di una minoranza di parlamentari che hanno vinto e nemmeno si sono dichiarati?
No, cara Sandra. Quei tre giorni hanno sconvolto e amareggiato molti, ma non tutti. Anzi. Qualcuno, alla fine del ‘lavoro’, era proprio soddisfatto. E nei giorni precedenti alle votazioni di cui parli, qualcuno lo aveva anche detto, che sarebbe stato meglio fare così. Purtroppo.
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