Con Andrea Pertici proseguiamo nel lavoro di ricognizione sulle mitiche riforme.

Sulla legge elettorale si naviga a vista, con ipotesi ancora vaghe che cambiano di ora in ora: dal sindaco d’Italia al maggioritario con premio di maggioranza in più (che con la legge Mattarella non ha più niente a che fare), dal porcellum con premio di maggioranza a doppio turno al doppio turno di collegio, dalla legge Mattarella all’Ispanicum (versione variamente alterata dello spagnolo).

Tante ipotesi, molte discutibili, tutte confuse e spesso inutilmente complicate. Reali proposte niente (né prima né dopo l’8 dicembre…).

Sulla molto annunciata e per nulla chiarita riforma del bicameralismo le cose non migliorano. A parte qualche generico slogan del tipo “via il Senato!” (che speriamo qualcuno non si faccia prendere la mano aggiungendo un “via la Camera!”), non si capisce bene che cosa si immagina di proporre.

Un sistema monocamerale? L’opzione esiste, anche se non ne abbiamo concreta manifestazione nei grandi Paesi, essendo tipica delle democrazie nordeuropee (Danimarca, Finlandia, Svezia ed anche Lituania, Lettonia, Estonia) e diffusa in qualche altra esperienza come la Grecia, Israele e la Nuova Zelanda.

Un sistema monocamerale presenta alcune controindicazioni date dalla minore riflessione sui provvedimenti di legge (e ci sono state scelte infelici del legislatore che solo il bicameralismo ha impedito fossero portate a compimento) e una diminuzione di alcune garanzie: in particolare quella della revisione costituzionale. A fronte di questo il sistema è certamente semplificato, il procedimento legislativo più snello e lineare.

Questi vantaggi potrebbero essere raggiunti, però, anche attraverso un bicameralismo differenziato che sottraesse al Senato l’espressione del rapporto di fiducia col Parlamento e la competenza legislativa generale, mantenendola soltanto su specifiche materie (ed eventualmente quale camera di riflessione attraverso il “richiamo”, rimettendo poi comunque la decisione finale ai deputati).

La composizione di questa Camera potrebbe considerare la rappresentanza regionale (da definire anche considerando comunque che chi è eletto ad una funzione difficilmente può svolgerne adeguatamente due, soprattutto se ha funzioni esecutive: la regola generale è il no a doppi incarichi).

Davvero poco sensato sarebbe invece un Senato delle autonomie composto essenzialmente da amministratori locali, il cui ruolo niente ha a che vedere con il potere legislativo (che comunque rimane la principale funzione del Senato) e che almeno con riferimento agli organi di vertice come i sindaci determinerebbe tra l’altro una sottrazione al loro impegno sul territorio (no a doppi incarichi).

Inoltre un Senato localistico sarebbe solo una congerie di interessi particolari e particolarissimi che rischiano di definire l’interesse generale come mera somma di tanti piccoli particolarismi, appunto, con il rischio di creare una situazione per cui alcuni interessi – i più deboli – rimangono non rappresentati.

Se si dovesse creare un Senato incapace di svolgere adeguatamente le funzioni per i quali un bicameralismo differenziato ha ancora senso sarebbe meglio approdare ad una soluzione volta alla mera eliminazione dello stesso.

Infine la riduzione del numero dei parlamentari (in connessione a quella della eliminazione di una Camera): questa deve essere realizzata sulla base di un ragionevole rapporto elettori/eletti.

Il mantenimento di due Camere può avere un’incidenza relativa (avere 630 deputati e 200 sindaci-senatori a “zero indennità” o 450 deputati e 200 senatori non è diverso…).

Infatti, poiché l’attenzione per la riduzione del numero dei parlamentari è giustamente considerata anche (ma non solo) nell’ottica di una riduzione della spesa, devono assumersi in tal senso anche misure volte alla riduzione delle indennità e dei rimborsi (a partire da quelli di trasferimento per chi già risieda a Roma) e di alcuni servizi interni del Parlamento.

La riduzione della spesa può essere fatta senza che ne soffra il funzionamento della democrazia: altrimenti troveremo qualcuno che ci dice che è meglio evitare elezioni, perché costano…

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