Documento contenente osservazioni al testo base di riforma della legge elettorale presentato in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati il 22.01.2014

Presentato da G. Civati il 23.01.2014

Il testo base della riforma elettorale annunciata alla Direzione Nazionale del PD è stato presentato ieri sera in Commissione Affari Costituzionali alla Camera dei deputati.

Non contiene particolari sorprese e quindi ribadiamo – secondo quanto già detto in Direzione – che non ci piace. Il testo è molto lontano dalla nostra proposta di reintrodurre la legge Mattarella, secondo la versione a suo tempo prevista per il Senato (con un eventuale doppio turno di collegio).

Per questo avremo ragionato più volentieri della seconda delle tre proposte avanzate da Renzi, che, pur con una correzione eccessiva rispetto all’originale, quantomeno si basava sulla legge Mattarella.

In ogni caso, prendiamo atto della scelta compiuta e confermiamo l’intenzione di una collaborazione costruttiva, che rispettando ed anzi valorizzando il ruolo del Parlamento, dove tutti i cittadini sono rappresentati, possa migliorare il testo presentato. Infatti, al momento, non insistiamo sulla nostra proposta del tutto alternativa a quella in questione, ma intendiamo proporre specifiche modifiche volte, in sintesi, a:

1) migliorare il rapporto tra elettori ed eletti;
2) consentire al voto del singolo di pesare di più;
3) aumentare il grado di rappresentatività del Parlamento, non alterando in modo troppo sproporzionato il rapporto tra voti e seggi.

Il testo chiarisce meglio le modalità di assegnazione dei seggi, il cui legame con il territorio è forse maggiore di quanto alcune indicazioni più generiche avrebbero potuto far pensare. Rimane, tuttavia, da quest’ultimo punto di vista, il limite dei collegi plurinominali che determinano la presenza di liste bloccate, non così brevi, a quanto sembra (perché da questo punto di vista l’individuazione dei collegi è rinviata ad una tabella che ancora non risulta esserci).

Le liste bloccate non piacciono agli elettori (soprattutto dopo avere subito anni di Porcellum) né alla Corte costituzionale che, nella sua decisione, le ritiene tollerabili, se brevi, e non piacciono a noi che sosteniamo – e abbiamo sostenuto da sempre – il collegio uninominale. Con il collegio uninominale, infatti, si realizza un confronto diretto tra i candidati e si instaura un rapporto chiaro eletto-elettore.

La critica per cui anche con l’uninominale sarebbero i partiti a scegliere i candidati (critica che dovrebbe essere mossa a molte delle democrazie contemporanee), sarebbe superabile da un potenziamento delle elezioni primarie regolate per legge.

Più nello specifico, riteniamo che uno dei maggiori limiti della proposta presentata sia il premio di maggioranza, ancora enorme, dandosi un premio di ben il 18% alla lista o alla coalizione di liste che, arrivando prima, raggiunga anche soltanto il 35% dei consensi. In questo modo, infatti, può realizzarsi una sovra-rappresentazione di più del 50%. Da questo punto di vista, è necessario premettere che:

1) non ci piacciono i premi di maggioranza, preferendo un sistema maggioritario, più in linea con le altre democrazie avanzate;

2) l’attribuzione di un premio di maggioranza in un sistema bicamerale paritario come quello ad oggi vigente presenta serie controindicazioni, non potendo garantire la formazione della stessa maggioranza in entrambe le Camere e rischiando quindi di alterare la rappresentanza senza favorire la governabilità, andando contro il criterio di ragionevolezza al cui rispetto la Consulta ha richiamato il legislatore elettorale quando preveda premi.

Tanto premesso, riteniamo comunque che nessun premio possa essere attribuito direttamente a chi riporti meno del 40% dei consensi (non potendo comunque l’entità del premio superare il 15%).

Il mancato raggiungimento della soglia – nel sistema del testo basse presentato – prevede il ballottaggio tra le due liste o coalizioni che abbiano raggiunto il maggior numero dei consensi (al di sotto di predetta soglia). L’innalzamento della soglia che proponiamo finirebbe quindi inevitabilmente per aumentare le possibilità di un ballottaggio. Pur essendo chiaro che il ballottaggio per assegnare un intero (enorme) pacchetto di seggi non rappresenta una soluzione in generale condivisibile, avendo noi proposto – in coerenza con una posizione storica del PD – un secondo turno di collegio (che naturalmente ha tutt’altri effetti), vorremmo anche su questo tentare una proposta migliorativa.

Il testo base, infatti, esclude la possibilità di ulteriori apparentamenti tra il primo turno di votazione e il ballottaggio. Invece riterremmo che l’apparentamento potrebbe portare a ridurre lo scarto tra i reali consensi e i seggi attribuiti, realizzando meglio quel bilanciamento tra rappresentatività e governabilità cui la Corte costituzionale ha richiamato il legislatore.

Quanto alle soglie di sbarramento, siamo contrari ad una differenza tra liste coalizzate e non perché in questo modo si favoriscono “coalizioni insincere”, spingendo alcune forze politiche ad entrare in una coalizione per mero opportunismo elettorale.

Inoltre riteniamo che la soglia dell’8% per le liste non coalizzate violi proprio quell’esigenza di bilanciare la rappresentanza con la governabilità (e quindi il contenimento della frammentazione partitica). Significherebbe, infatti, escludere la rappresentanza parlamentare per partiti che hanno riportato – se prendiamo i dati delle elezioni del 2013 – quasi tre milioni di voti (che, tra l'altro, è il numero degli elettori che hanno partecipato alle primarie). Per questo riteniamo che la soglia di sbarramento unica – per liste coalizzate e non – dovrebbe attestarsi al 4% (escludendo quindi solo chi riporti un consenso stimabile, all’incirca tra un milione ed un milione e mezzo di voti, che non sono comunque pochi). Per le coalizioni in ogni caso pare più ragionevole il 10%.

Infine ci preme porre una questione – strettamente connessa alla materia elettorale – che purtroppo fino adora, in questa legislatura, ci siamo trovati a portare avanti da soli: quella del conflitto d’interessi. Ci dispiace molto (anche se possiamo forse intuirne le ragioni) che questo non sia rientrato nel “pacchetto” delle riforme concordate perché come e più degli altri temi proposti un intervento su questo viene rimandato da molti anni. Da alcune settimane è stata per questo presentata alla Camera una proposta Civati ed altri (A.C. 1832), che, basandosi sul sistema statunitense, prevede seri strumenti di prevenzione dei conflitti d’interessi di parlamentari e membri del Governo. Purtroppo ad oggi non ne è stata ancora iniziata la discussione, ma riteniamo che, in una stagione riformatrice, come quella che si vuole avviare, debba essere ricompresa anche questa.

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