Caro segretario, caro Pd,

se la “Legge di Protezione dei Diritti del Concepito e della Donna Incinta”, così l’ha chiamata il premier Mariano Rajoy, dovesse arrivare in porto, in Spagna l’aborto tornerà a essere un reato, salvo che in caso di violenza sessuale o di grave rischio per la salute della donna (accertato da due esperti).

Non è certo questa – foraggiare il turismo abortivo, i cucchiai d’oro, mettere a rischio la pelle delle donne – la strada per ridurre il numero delle Ivg. Non lo è mai stata.

Sabato 1° febbraio, con lo slogan “Porque Yo Decido”, migliaia di cittadine spagnole manifesteranno a Madrid per difendere la buona legge Zapatero sulla salute sessuale e riproduttiva e l’interruzione volontaria di gravidanza.

Contemporaneamente in tutta Europa, comprese molte città italiane, si svolgeranno presidi in solidarietà presso le ambasciate e i consolati di Spagna, coordinati dalla rete Womenareurope.

Siamo convinti che il Partito Democratico debba aderire a questa grande mobilitazione, riaffermando e sostenendo il diritto all’autodeterminazione. Sperare che le donne tornino a morire d’aborto non è una buona strategia a favore della vita.

Il vento spagnolo sta soffiando in tutta Europa.

Il 10 dicembre il Parlamento europeo ha bocciato –anche grazie al voto di astensione di alcuni eurodeputati del Pd – la Risoluzione Estrela, che chiedeva l’aborto legale e sicuro in tutti i paesi dell’Unione, un’educazione sessuale per bambine e bambini, la prevenzione di gravidanze indesiderate con accesso equo alla contraccezione.

In alcune nazioni europee (Polonia, Irlanda) l’aborto resta un reato. Ma anche nel nostro Paese la corretta applicazione della legge 194, voluta e difesa dalla grande maggioranza delle cittadine e dei cittadini –che nel 1981 ha confermato il suo sostegno votando contro la proposta di abrogazione – è impedita da una fortissima obiezione di coscienza: 70 per cento in media, con punte che superano l’85 per cento al Sud e ospedali che non erogano il servizio tout court (dati del Ministero per la Salute).

Domenica 19 gennaio a Parigi migliaia di francesi hanno marciato contro l’aborto, molti con i colori della bandiera iberica e cantando “Viva la Spagna”.

È in corso una raccolta di firme da parte di varie organizzazioni no-choice per un nuovo referendum abrogativo. E il 2 ottobre scorso in Regione Toscana una mozione presentata dalla maggioranza di centrosinistra, che chiedeva un impegno concreto a favore una migliore applicazione della legge, è stata affossata anche grazie al mix voto contrario-astensione di vari consiglieri Pd.

È necessario che il Partito Democratico riaffermi con decisione il suo sostegno alla 194 e intraprenda ogni iniziativa necessaria per garantirne la corretta applicazione in ogni sua parte. Aderire alla mobilitazione del 1° febbraio sarebbe un primo passo in questa direzione

È necessario soprattutto lavorare alla costruzione di una vera cultura pro-life: i veri abortisti sono tutti coloro contribuiscono a qualunque titolo alla creazione di condizioni sfavorevoli alla maternità.
Sono quei datori di lavoro che costringono le giovani donne a firmare lettere di dimissioni in bianco da utilizzarsi in caso di gravidanza, o che le condannano a un precariato permanente. Sono le banche che non concedono mutui per l’acquisto della prima casa, impedendo a molte giovani coppie di costruire un proprio nido. È una politica che non investe nel welfare e nei servizi, abbandonando le giovani madri al loro destino. Che non mette in atto vere politiche per il sostegno familiare – siamo il fanalino di coda in Europa –. Che non ragiona su una dis-organizzazione del lavoro che consenta di avvicinare tempi di lavoro e tempi di vita.

Veri abortisti sono anche quegli uomini che non condividono i pesi della vita familiare o, peggio, non si assumono la loro responsabilità contraccettiva e lasciano la donna sola con la sua gravidanza, “tanto c’è l’aborto”.

Il vero programma contro l’aborto è questo, condivisibile anche dai no-choice.

Marina Terragni e Giuseppe Civati, direzione nazionale Pd

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