Lo abbiamo detto dall’inizio: i cittadini devono poter scegliere i loro senatori.
È un problema di rappresentanza e di partecipazione democratica.
Invece, il segretario del PD, poi divenuto Premier, continua a formulare proposte – ne fa almeno una al mese – che hanno un solo tratto comune: mantenere il Senato e abolire i senatori.
In febbraio, solo da segretario, la prima proposta (mai formalizzata) definita di “Senato super light”: 108 sindaci, 21 presidenti di regione (o provincia autonoma) e 21 illustri personaggi nominati dal Presidente.
In marzo, il 12, assunti i panni del premier, ecco la proposta di un altro Senato (che perdeva anche il nome divenendo “Assemblea delle autonomie”), formalizzato (si fa per dire) in una “bozza”: 21 Presidenti di Regione (o provincia autonoma), 40 consiglieri regionali (due per Regione), 60 sindaci (tre per ogni Regione), fino a 21 illustri personaggi nominati dal Presidente.
Proprio mentre marzo si chiudeva, il 31, arriva la nuova proposta, che poi diverrà il ddl di revisione costituzionale del Governo (A.S. 1429): 21 Presidenti di Regione (o provincia autonoma), 21 sindaci dei comuni capoluogo di Regione (o provincia autonoma), 40 consiglieri regionali (due per Regione), 40 sindaci (due per Regione), fino a 21 illustri personaggi nominati dal Presidente.
La proposta precedente, che consideravamo quella di aprile, non dura tutto il mese, perché da qualche giorno il Premier ha abbandonato la strada dell’ultimatum, e sembra pronto a cambiare di nuovo strada, rinunciando ai sindaci (sulla cui presenza eravamo particolarmente scettici, anche considerati i modelli stranieri) e anche alle illustri nomine presidenziali, per puntare tutto sulla rappresentanza regionale (forse).
Dopo una girandola di ipotesi, sembra che oggi l’idea sia quella di senatori eletti dai consiglieri regionali, con modalità fissate da ciascuna Regione. Vengono quindi eliminati i sindaci e i 21 illustrissimi di nomina presidenziale, e questo può essere positivo, ma rimangono molte perplessità. In primo luogo la tanto rivendicata rappresentanza delle istituzioni locali potrebbe venire meno e in secondo luogo avremmo un Senato molto eterogeneo, con componenti indicati in una ventina di modi diversi, che potrebbero servire, tra l’altro, a riportare dentro qualche sindaco (scelto, appunto, dai consiglieri).
In definitiva, sembra che il Senato possa essere composto un po’ secondo tutte le combinazioni del caso. Purché non sia eletto. Ci mancherebbe.
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