A marzo si vota. Al massimo ad aprile. Così Tea, che sostiene di conoscere il premier come pochi altri.

Lo stesso pensa Berlusconi. Lo stesso dicono in molti. Poi non fa niente se ciò significa che cambia tutto, che non si faranno quelle benedette riforme per cui siamo rimasti in Parlamento, in questi due anni, in un’alleanza che nessuno aveva votato (e che è già cambiata, almeno una volta). E non fa niente nemmeno se si dovesse perdere il traguardo del 2018, promosso a febbraio per superare Letta (che era dell’idea di tirare fino al 2015, appunto), per superare le resistenze dei parlamentari.

Vorrei sentire il parere di Ulisse (ve lo ricordate?), che di solito ci prende parecchio per verificare se sia vero. In ogni caso, meglio prepararsi al botto.

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