Scrive Ezio Mauro, oggi, su Repubblica:
Adesso che il cupolone del malaffare romano è scoperchiato, si scopre che le primarie erano truccate, che il tesseramento del Pd è infiltrato, che i criminali manipolano le elezioni comunali come gli allibratori con i cavalli.
Tutto drammaticamente vero. Segnalo però che c’è anche chi le primarie (nazionali) le ha fatte spendendo in tutto centomila euro, con finanziamenti tutti tracciati il livello medio dei quali era intorno ai 60 euro, senza fiancheggiatori né “doppi fondi”, rendicontando tutto quanto (anche iniziativa per iniziativa), senza pasticci, senza promesse, ottenendo un ottimo risultato anche a Roma.
Per dire che le cose si possono fare diversamente, anche oggi, anzi: ieri. E che non c’è bisogno di truccare o di affidarsi a chissà chi per fare politica.
Ancora Ezio Mauro:
Più ancora della dimensione paurosa della corruzione (60 miliardi all’anno) che soffoca l’Italia, tiene lontani gli investimenti stranieri, sperpera il denaro pubblico, altera il mercato e ingrassa il crimine, è questa perdita di autonomia della politica ridotta a tecnica subalterna del potere che dà la cifra di un Paese sconfitto e preso in ostaggio. […] È la politica in prima persona che deve ribaltare metodi, uomini, abitudini e regole, partendo dalla selezione dei candidati, ad ogni livello, proseguendo col falò delle tessere fasulle, commissariando i territori compremessi e impegnandosi finalmente in una vera lotta al crimine e all’illegalità che non è mai stata dichiarata dal governo. […] Sta qui la credibilità del cambiamento: da sola, la camicia bianca non basta.
Quando a febbraio lanciammo il «giorno legale», facendo seguito proprio a considerazioni del dopo-primarie molti non compresero perché ci si dovesse occupare di legalità, un tema non considerato prioritario, non alla moda, non cool come altri, dettati dall’agenda del mainstream: dicevo che ce ne saremmo occupati volentieri noi, anche se non era «popolare» farlo.
Eccoci arrivati al punto, dopo Expo, Mose e mafia romana. Speriamo che ora sia d’attualità non solo parlarne, ma anche iniziare a cambiare.
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