Renzi come Juncker, l’Italia come il Lussemburgo.
Il quotidiano più vicino al governo scrive così:
Renzi come Juncker, via agli accordi delle imprese col Fisco
MILANO – L’Italia come il Lussemburgo. L’ultima mossa del premier italiano Matteo Renzi in materia fiscale spiega come mai il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Junker, non abbia mai pensato di dimettersi dopo la pubblicazione di numerosi accordi fiscali tra il suo ex governo e 340 multinazionali. L’Italia ha inserito nella bozza del decreto legge “Investment compact” la possibilità per le grandi imprese di avviare una contrattazione preventiva con il Fisco italiano, proprio sul modello del ruling, già ampiamente applicato in Lussemburgo.
Il provvedimento è atteso alla riunione del consiglio dei ministri di martedì prossimo. “Le imprese che intendono avviare piani di investimento pluriennali di importo complessivo nominale superiore a 500 milioni, per importi annuali non inferiori a 100 milioni di euro – si legge nel testo – hanno accesso a una procedura di ruling che si conclude con la stipulazione di un accordo, tra il competente ufficio dell’amministrazione pubblica e l’impresa”. L’accordo “vincola i contraenti per la durata del piano di investimento. Le modifiche di norme successive alla sottoscrizione dell’accordo e individuate nell’accordo medesimo, non si applicano ai piani di investimento già realizzati o in corso di realizzazione”.
Tra i governanti europei, lo scandalo Lux Leaks non aveva destato grande preoccupazione, perché come aveva confermato il premier del Lussemburgo, Xaviel Bettel, successore di Juncker, le pratiche fiscali dei ‘tax ruling’ “sono conformi alle leggi internazionali”, tanto che queste “non sono proprie” solo del Gran Ducato “ma le praticano anche altri paesi europei”. Il ministro delle finanze del Lussemburgo, Pierre Gramegna, ha spiegato che i ‘tax ruling’ “danno una certezza alle imprese su come saranno trattate fiscalmente” e questo è “compatibile con gli standard comunitari e quelli dell’Ocse”.
L’Italia introdurrà il “diritto di interpello” che riecheggia in qualche modo gli Advance tax agreement del Lussemburgo, gli accordi che una volta siglati tra le imprese e il Fisco diventano definitivi: ovvero la società prima di mettere in atto una manovra a rischio-abuso può verificarne la legittimità presso l’Agenzia delle Entrate e trovare un accordo. La Commissione europea nn aveva criticato il ruling, ma aveva confermato di perseguire i casi, come quelli di Fiat, Apple e Starbucks, in cui il ruling poteva trasformarsi in un aiuto di Stato.
La Commissione europea non ha invece mai preso in cosiderazione la diversa tassazione che vige sulle imprese tra i diversi Paesi europei, un divario che permette alle aziende di portare gli utili là dove per loro è più conveniente. E senza l’unione fiscale tra i paesi europei, vale il tutti contro tutti, con il solo beneficio delle grandi aziende.
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