Diversamente da quanto credono alcuni commentatori e diversamente da quanto titola il Giornale, continuerò a fare quello che ho sempre fatto, da quando con il documentario – girato insieme a Elly Schlein, ora eurodeputata – che si intitolava Operazione Guardie Svizzere (proprio così), ho iniziato a occuparmi di questi argomenti.
Continuerò a insistere come ho fatto per tutto il 2014 su temi come l'autoriciclaggio, il contrasto della corruzione, la modifica della prescrizione, il superamento della legge-vergogna sul falso in bilancio, la promozione di iniziative come «il Giorno legale», il lavoro contro i paradisi fiscali e i capitali illegalmente gestiti in Italia e nel resto del mondo.
Qualcuno dice che il mio è moralismo, anche se forse dovrebbe ricordare che da me è sempre stato associato al garantismo, non di maniera, non strumentale. Non ad personam, a senso unico, quando conviene e basta.
La vicenda Falciani dovrebbe dimostrare proprio questo: che ci sono cose illegali e cose che non lo sono, che ci sono situazioni illecite e altre che sono invece formalmente ineccepibili. Proprio su questa differenza si deve lavorare.
Ora che abbiamo provato tutti quanti il moralismo (alimentato, in qualche caso, da una certa cultura del sospetto), rilancio la stagione. Non quella del moralismo tout court. Quella della coscienza a posto. Chiamatelo, se volete, coscienza-a-postismo.
P.S.: tra l’altro lo stesso Icij, che ha coordinato l’inchiesta a livello internazionale, ha specificato che la presenza di alcuni nomi non equivale ad aver commesso reati o posizioni fiscali non regolari:
Il consorzio «Icij» precisa peraltro che la presenza di alcuni nomi nell’inchiesta non significa automaticamente che abbiano commesso reati, o che non abbiano regolarizzato la loro posizione con i rispettivi governi.
Da un articolo di Stefano Montefiori del 9 febbraio 2015 comparso sul Corriere della Sera.
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