Renzi ha ragione e Landini sbaglia: è il Parlamento, secondo la Costituzione, a dare la fiducia a un governo.

I punti dolenti sarebbero altri: non avere un mandato dagli elettori, nel senso che il mandato del 2013 è stato parecchio travisato, prima di Renzi e poi soprattutto da Renzi. Cambiar maggioranza senza fare una piega. Non avere scritto da nessuna parte un programma di governo. E avere un rapporto molto discutibile proprio con quel Parlamento da cui si riceve la fiducia.

Quasi a dire: il Parlamento mi dà la fiducia, poi però «anche basta». Se esprime pareri attraverso le sue Commissioni, non ne tengo conto. Se pretende di discutere le cose – anche la Cosa, ovvero la Costituzione – metto la fiducia o la seduta fiume. Se una parte della maggioranza non è d'accordo, che importa: trovo un'altra parte della maggioranza, ma solo per questa volta. Se la Presidente della Camera ha qualcosa da ridire, giù con i comunicati stampa. Se mi accusano di avere sbaragliato qualsiasi record precedente sul ricorso alla fiducia, do la colpa agli altri. Se qualcuno non capisce, se ne farà una ragione.

In questo senso Renzi sbaglia e ha ragione Landini. E tutti quelli che si chiedono perché il Parlamento sia evocato solo per ricordare da dove siamo partiti (peraltro, da un altro governo, come ricorderete, liquidato in poche ore) e non dove andiamo a parare: perché, com'è noto, anche il combinato disposto di Italicum e riforma costituzionale va in tutt'altra direzione.

Zagrebelsky lo chiama oggi su Repubblica «tempo esecutivo». Ma si sa è un professorone. Ed è gufo tra gufi. Come tanti parlamentari.

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