Così voterò anche io alla Camera. Non darò il mio voto alla riforma costituzionale. Lo faccio in ragione di una posizione “di merito” che accompagna le mie azioni dal gennaio del 2013. Lo faccio senza pensare alla questione delle correnti del Pd e ai rapporti con la segreteria, perché questa è la Costituzione.
Pare che si stia riscrivendo la Costituzione non solo in aula, ma anche nelle interviste: quando si dice, ad esempio, che conta solo la sovranità del popolo, contrapponendola a quella del Parlamento e augurandosi un referendum plebiscitario tipo pioggia manzoniana. Ecco, la Costituzione non dice così. La Costituzione non contrappone popolo e Parlamento e indica, peraltro, una maggioranza larga per la riforma costituzionale non per via di patti e contropatti e convenienze e tatticismi (da Calamandrei siamo passati a Verdini), ma per ragioni che riguardano direttamente il tema della rappresentanza e dell’ampia condivisione che, per il tramite del Parlamento, si riferiscono anche al popolo. Discutere già di referendum quando la riforma non ha ancora conosciuto la lettura condivisa del testo da parte delle due Camere, è una precisa indicazione politica, in cui non mi riconosco affatto.
Non so che cosa faranno gli altri, mi pare che in generale il Pd voterà a favore, così come è accaduto in aula quando, nell’ambito dell’approvazione dei primi due, fondamentali articoli, i distinguo sono stati pochissimi (diciamo due, Pastorino e il vostro affezionatissimo).
Si dice che la sfida si porterà quando la legge elettorale tornerà alla Camera (argomento già sentito, quando la legge elettorale stava per arrivare in Senato: i risultati li conosciamo), si dice che la prossima volta si cambierà, ma si legge anche che il premier non ha nessunissima intenzione di cambiare proprio nulla. Che è tutto blindato e che si attende solo il momento migliore perché le riforme siano portate in aula, quando magari ci sarà modo per Berlusconi di rientrare. Altrimenti, ci sono quelli di Forza Italia che comunque le votano.
Per non tornare a casa, ovviamente, perché nessuno vuole tornare a casa. Anche se credo che sia un po’ miope, pensarla così: perché una volta approvate le riforme (soprattutto quella elettorale), le Camere si potranno sciogliere. E si tornerà finalmente a votare. Con buona pace di chi fa troppi calcoli per rimanere a Roma.
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