Per me ieri è stata una giornata importante per quella cosa che manca e che chiamo sinistra (e innovazione).

È successo a Salerno, per la precisione a Calvanico, e se volete anche questa è una svolta.

Accompagnato da Luigi Corvo (che queste cose le studia e le insegna) sono stato al Commons Camp. E ho capito, parlando con Alex Giordano e i partecipanti al Camp, nella cornice del mitico Rural Hub, che si può fare molto e bene, cambiando punto di vista e prospettiva sulle modalità di organizzazione della comunità e della società. Anche ripensando il modo di organizzare la politica, come uno spazio di condivisione e di relazione che supera in un colpo solo le burocrazie e l’autoreferenzialità.

Un movimento che non si ritrova a casa propria, ma che frequenta i luoghi dove si fa innovazione sociale, che si mette a sua volta in rete con altri attori, alla pari, riconoscendo la propria parzialità e il proprio carattere immediatamente relazionale.

Che non si pone solo come rappresentante ma anche come parte in causa. Che cerca l’innovazione nella tradizione e non contro di essa. Che sa che nuovo può significare digitale ma anche artigianale e tutte e due le cose insieme. Che c’è un ‘comune’ da definire e interpretare, per ripensare i rapporti tra lo Stato e il mercato è in generale delle articolazioni della Repubblica.

Che ciò succeda nel Sud è già un bel rovesciamento di una miriade di luoghi comuni. Che accada in una cascina dell’innovazione, ancora di più. Che ci si trovi nelle aree interne e che si possa scoprire ciò che è già possibile, senza doverlo necessariamente inventare, è già un programma politico formidabile. Che lo si faccia sulla base di nuovi modelli culturali è infine liberatorio e carico di speranza.

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