Il governo dice che celebrerà il funerale delle tasse sulla casa. Che a parte l’uso discutibile dell’italiano (a cui siamo abituati) è un messaggio sbagliato, in linea con quello da cui volevamo scappare, dopo 20 anni di Berlusconi.
La verità è che togliere a tutti le tasse sulla casa, indistintamente, oltre a essere una posizione a cui il Pd si è sempre detto espressamente contrario (ma tanto il Pd è solo un fatto convenzionale, ormai), introduce elementi di disuguaglianza. È ovvio. La tassa sulla casa è difficile da evadere, guarda caso, e chi la può pagare, come dicevamo anche al congresso di due anni fa, può continuare a pagarla. Se si sconta a tutti, chi ora non la paga o chi ha sfruttato esenzioni e detrazioni sarà equiparato a chi vive con serenità il proprio benessere.
In secondo luogo, in un mondo in cui il modello imperante chiede a tutti flessibilità e il governo l’ha addirittura aumentata, seguendo le ricette di Sacconi, forse è il caso di sostenere chi deve spostarsi, proprio con le risorse di chi sta bene dove sta. Mobili e immobili, giusto? Non è solo un fatto generazionale, riguarda il nostro futuro. Come Paese.
In terzo luogo, stupisce che il partito dei sindaci non abbia nulla da dire, in proposito, perché c’è da capire se abbiamo intenzione di mantenere quel principio della fiscalità locale, oppure annichilirlo. A proposito di federalismo municipale, il federalismo vero, che è già mezzo diroccato (anche chi insiste per candidarsi a sindaco con il Pd, come oggi ribadisce Zedda sui giornali, dovrebbe riflettere un momento).
Da ultimo, vale la pena di ricordare che il governo ha bloccato la riforma del catasto, preparata in anni e anni, e promossa in Parlamento da un renziano, per dire. Quello doveva essere il primo passo, a saldo invariato, per cambiare le cose. E infatti l’hanno bloccata.
Resta da capire perché la presunta sinistra, che ha preso i voti su un programma contrario a tutte queste cose, stia al governo per realizzare le proposte della destra. Ma forse l’abbiamo capito, che ne dite?
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