E così dopo due mesi di silenzio, i giornali scrivono, le agenzie battono a ripetizione. Oggi ho una rassegna stampa che nemmeno il Presidente.
Non credo nei complotti, non mi imbavaglio, non faccio lo sciopero della fame. E non mi lamento più di tanto.
Rifletto sullo stato delle cose: tutto ciò che non accade nel Palazzo e tra le correnti, non è degno di nota. Chi esce dal circuito, sbaglia. Si consegna all’oblio. È spacciato. Questa la tesi.
Lo schema è tautologico: non ci sono alternative. Quindi non si raccontano le possibili alternative. Quindi non esistono alternative.
Molti media che non hanno parlato di ciò che stiamo facendo (in moltissimi), ora ne parlano quasi a dire: visto che abbiamo fatto bene a non parlarne?
Tutto torna. Anche scrivere flop e disfatta.
Ora, a me da elettore dispiace molto che gli elettori non possano votare perché i referendum non hanno raggiunto le firme necessarie. Mi sorprende che dopo tre mesi tutti abbiano la necessità di registrarlo. Prima non ne sentivano alcuna urgenza. Anzi. C’era un bel chissenefrega intorno.
Quando Marco Travaglio scrisse un pezzo intitolato “Pippo e le pippe” (riferendosi a chi non considerava l’importanza e l’urgenza di quanto proponevo) si offesero in tanti, ma politicamente non rispose nessuno. E invece io sapevo benissimo di avere bisogno di un’azione corale. L’ho ripetuto per mesi. E se tutti quelli che strepitano ogni giorno contro tutto e tutti avessero voluto metterci una firma e partecipare anche loro, sarebbe stata tutt’altra storia. E non mi si venga a dire che non lo sapevano, perché conservo email e agende e la volontà ovvia di condividere una cosa che non era di Civati, ma di tutti.
Altra considerazione. Se noi non ci fossimo mossi – peraltro nessuno poteva saperlo, perché i media non l’hanno mai spiegato fino a pochi giorni fa – non si sarebbe votato. E siccome tutti preferivano che non si votasse, anche le forze di opposizione, per loro è meglio così, no? Sicuramente lo è per chi è al governo. Perché i referendum del 2016 sarebbero stati un bel problema per l’esecutivo e per il partito di maggioranza. Ma tanto lo pensavo solo io, giusto?
Non capire che quello che è successo ha un valore straordinario, che ci riproveremo, che non abbiamo nessun problema ad ammetterlo, è invece escluso a priori. Che la politica è fatta di partecipazione e di impegno, nemmeno più di tanto.
Del resto, quando feci le primarie, ho fatto fatica ad essere addirittura intervistato. Si era già deciso chi aveva vinto e anche chi aveva perso. E anche chi non doveva essere citato, perché non era funzionale allo schema.
A me non interessa, ci sono abituato. Semplicemente mi piace fare le cose che penso siano giuste e al momento giusto.
Semplice. E continuerò, con più convinzione di prima. E fidatevi: preferisco aver visto il volto di migliaia di persone che qualche titolo storto. E siamo già ripartiti, di nuovo.
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