Ho chiesto a Vittorio Emiliani di poter riprendere il suo post sul trasformismo, che propone un test avvincente:
Ha ribadito Matteo Renzi giorni addietro: “I partiti di sinistra non si devono fossilizzare, né cristallizzare.. E se qualcuno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il nostro programma, come posso respingerlo?” Del resto lui, il ministro Maria Elena Boschi, il vice-segretario Debora Serracchiani, il sottosegretario Luca Lotti l’hanno ripetuto e lo ripetono di continuo: “Noi vogliamo le riforme e andremo avanti, coi voti di chi ci sta”. E i voti più certi e decisivi sono e sono stati quelli dei “verdiniani”, seguaci di quel Denis Verdini – carico di rinvii a giudizio per reati che riguardano la collettività – fino a ieri colonna portante del partito di Berlusconi ed oggi sostenitore determinante, con un sempre più folto gruppo di fuoriusciti da Forza Italia, del premier e delle sue riforme costituzionali. Voti e supporti che comunque arrivano tutti da destra. Ora ci sta pensando pure Pier Ferdinando Casini.
Del resto lo stesso Renzi ribadisce di “tenere il Governo per la fiducia del Presidente della Repubblica e in nome dell’intera Nazione” e in tal senso sollecita ad aderire al suo progetto, con più ottimismo, tutti i componenti dell’amministrazione e quelli dei partiti. Con ciò scompaginando le file del centro-destra. Poco curandosi di una crisi a sinistra, nello stesso Pd. Di fronte a questi discorsi l’ex Pd esponente di “Possibile” sinistra di opposizione, Pippo Civati ha risposto così a Renzi e ai suoi: “Cercando di confondere i partiti politici, voi avete spento con essi quelle passioni politiche le quali costituiscono la vita, la bellezza, la dignità di ogni libero reggimento. Avrei ritenuto assai preferibile dichiaraste schiettamente che credevate necessario mutare politica, anziché pretendere che l’abbiamo mutata noi di Sinistra separandoci da voi, la Destra”.
Uno dei pochi intellettuali italiani che ancora protestano, Stefano Rodotà, ha poi accusato la politica trasformista di Renzi e dei suoi di mancare “del tutto di idealità”, di spacciare “per idee, piccole passioni, piccoli urti, barbagli di piccoli vantaggi: dove si baratta per genio l’abilità, e per abilità qualche cosa di peggio”. Gli ha fatto eco così un altro collaudato critico, il politologo Ilvo Diamanti: il panorama politico italiano è ormai fatto “di mezze tinte, di mezze classi, di mezzi partiti, di mezze idee, di mezze persone”.
Indovinello: i testi virgolettati sono tutti autentici, ma, tranne quello sui voti di Verdini e dei suoi, forse risalgono ad anni lontani e a personaggi consegnati ormai alla storia: a quali anni? E a chi appartengono quelle considerazioni? La risposta al prossimo numero, intanto inviateci le vostre scoperte o intuizioni. Ricchi premi e cotillons.
Risposta: le prime due sono da attribuire ad Agostino Depretis (discorso di Stradella 1882 e in Parlamento), la terza (Civati) a Giuseppe Zanardelli discorso parlamentare 1886, la quarta (Rodotà) a Giosue Carducci discorso per la morte di Garibaldi (1882), la quinta (Diamanti) a Filippo Turati 1892 “Critica Sociale”.
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