Una parte (piccola, ormai) del Pd se la prende con Verdini, che appoggia sempre più stabilmente il governo dai banchi all’estrema destra dell’emiciclo.
Dicono che sia «antropologicamente diverso». Ma diverso da chi?
In fondo, con Verdini il Pd governa dal novembre 2011, con una breve interruzione, durante la quale i rapporti sono stati comunque mantenuti saldissimi grazie al famigerato “patto del Nazareno” di cui il più antico sostenitore del premier (sin dalla stagione fiorentina) è universalmente considerato il tessitore. Un componente dell’ala verdiniana ne ha tratto un libro, di cui consiglio la lettura agli esponenti della minoranza della maggioranza.
L’indignazione arriva solo ora, ma è da tempo che il Pd ha deciso di preferire un’alleanza di centrodestra a una di centrosinistra, con la quale – occorre sempre ricordare – si era presentato agli elettori.
Quindi, appunto, da chi sarebbe diverso Verdini?
Non ci sembra così diverso da altri esponenti che occupano poltrone di ministro, sottosegretario, presidente di commissione, tutti eletti nelle file del centrodestra (pari circa un terzo dei parlamentari che sostengono il governo) e, purtroppo, neppure da alcuni esponenti del Pd che in nome di un provinciale desiderio di “modernità” rincorrono mode dismesse dal berlusconismo (ultimo capitolo: la richiesta di dimissioni per un giornalista Rai ritenuto scomodo).
Anzi, direi che Verdini è coerente: continua a sostenere un governo che smantella lo statuto dei lavoratori, abolisce la tassa sulla casa (anche per i ricchi) e chiede il licenziamento di giornalisti che intendono la Rai come servizio pubblico anziché come servizio ai potenti.
Forse è chi è diverso da Verdini e compagni (si fa per dire) che si trova fori posto, ormai. Ma sappiamo che c’è un rifiuto (questo sì «antropologico») a prenderne atto.
Del resto, chi si offende ora aveva salutato le larghe intese con Berlusconi citando Moro e Berlinguer, ha votato tutto quello che c’era da votare e si dice pronto a votare sì per le pessime riforme costituzionali non solo in aula ma anche al referendum. E ovviamente continua a governare, fino alla fine della legislatura, dopo avere giurato che sarebbe stato impossibile, poi che sarebbe durata solo due anni, poi per sempre.
Essere diversi significa rinunciare a tutto questo e costruire qualcosa di nuovo. Così è diverso e semplice nello stesso tempo. Tutto il resto è noia.
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