Non nel senso delle favole (in quel senso) e dei balocchi (in quel senso).
Nel senso di un Paese che si prende a cuore le bambine e i bambini (e, forse, ci salveranno).
Diritti, welfare, accoglienza, rispetto e cura, per i bambini italiani, per quelli che nascono in Italia, per chi attraversa il mare, per chi lavora lontano e invece dovrebbe andare a scuola (come ha ricordato Obama con una opportuna proposta legislativa che siamo intenzionati a riprendere in Italia).
Un progetto complessivo che muove da scelte di spesa pubblica (essendo, ad esempio, gli asili nido il miglior investimento, sotto ogni punto di vista, per la spesa collettiva), dalla patria (e dalla matria) dei corridoi umanitari, dalla possibilità – che dovrebbe essere ovvia, ma non lo è – che i bambini facciano colazione e poi mangino due volte al giorno (in troppi casi ciò non è possibile).
Una riflessione che comprenda la situazione dei bambini nelle famiglie, termine sempre più plurale, che siano figli di coppie tradizionali (che poi non si capisce esattamente cosa significhi), figli di coppie ricostituite, bambini adottati, figli arcobaleno.
Un viaggio nell’infanzia, se volete, che muove dalle ragioni dell’uguaglianza e della mobilità sociale, in un Paese in cui la natalità è crollata. E di conseguenza tanti discorsi non hanno alcun senso.
Partiamo da un libro molto bello, scritto da una persona molto competente e libera come Melita Cavallo. Lo facciamo nel giorno delle donne, che tutti i giorni dell’anno se ne prendono cura, molto più dei maschi. Lo facciamo alla Camera, il posto più importante per discuterne. O, almeno, lo dovrebbe essere.
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