Tutti i problemi del titolo V della Costituzione (rapporto Stato-Regioni) – secondo i raffinati revisori della Costituzione – nascono dalla legislazione concorrente, quella cioè in cui lo Stato fa le leggi cornice (relative agli aspetti più generale) e le Regioni approvano le norme più di dettaglio. Tolta quella, quindi, andrebbe tutto a posto.

In realtà, questo non ha nessun fondamento, perché le liti tra lo Stato e le Regioni non sono dovute al carattere “concorrente” della legislazione, ma alla presenza di elenchi di materie. L’articolo 117 della Costituzione, dopo la riforma del 2001, prevede due elenchi di materie: quelle di competenza esclusiva dello Stato (comma 2) e quelle di competenza concorrente (comma 3), mentre tutte le altre sono lasciate alle Regioni. Ora, le materie sono, come ovvio, indicate in modo generale e quindi quando lo Stato approva una legge potrebbe invadere la competenza regionale o viceversa. Per questo si apre una lite che deve essere risolta dalla Corte costituzionale. Dalla giurisprudenza costituzionale risulta che le liti originate da materie di competenza concorrente non superano la metà, perché – come detto – non è dal tipo di legislazione (esclusiva o concorrente) che nasce il conflitto ma dall’interpretazione degli elenchi (e questo vale anche altrove, come conferma, tra le altre, la giurisprudenza della Corte Suprema USA).

La giurisprudenza costituzionale, nel corso del tempo, ha chiarito il significato di questi elenchi tanto che Si può registrare più una tendenza alla diminuzione del contenzioso tra lo Stato e le Regioni.

Ora, cosa fa la riforma? Riscrive l’elenco del secondo comma (competenza esclusiva dello Stato) quasi raddoppiandolo e, eliminato l’elenco di competenze concorrenti, lo sostituisce con uno di competenza esclusive delle Regioni (non molto sensato visto che comunque rimane la clausola per cui alle Regioni spettano tutte le materie non riservate allo Stato). Avremo così due nuovi lunghi elenchi di materie. Tutte (o comunque molte) da reinterpretare, con il rischio di un aumento del contenzioso di fronte alla Corte costituzionale.

C’è poi un aspetto singolare: i consiglieri regionali, che non concorrono più – dal loro posto in consiglio – a regolare materie su cui poteva essere utile concorrere, come il governo del territorio, concorreranno da senatori (con il prezioso aiuto dei sindaci) su tutte le materie. Anche di politica estera, difesa, ecc. Mentre si occuperanno da soli – tornati in Regione – di questioni come l’agricoltura e l’industria, non affidate allo Stato.

Insomma, si tolgono le concorrenti e arrivano i concorrenti. Al concorso sbagliato, però.

Giuseppe Civati, Andrea Pertici

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