C’è un passaggio per me fondamentale nell’intervista di Pier Luigi Bersani oggi, 29 marzo, su Repubblica: è quello in cui, spiegando la propria opposizione allo schieramento sedicente anti-populista come unica risposta possibile al populismo (che in realtà ne è spesso origine e causa), spiega perché ci siano ‘cose’ da considerare, soprattutto, quando si parla di relazioni politiche. Ci sono ‘cose’ che il Pd fa male e in alcuni casi peggio del M5s, dice Bersani, come ad esempio sulla concorrenza – per quanto riguarda farmaci e farmacie – o per quanto riguarda l’energia, che per il governo è ancora molto fossile, come sappiamo.
Ciò non significa che ci voglia una alleanza, né con gli uni né con gli altri. Ed è questo il punto. L’autonomia di un progetto di governo, ci vuole: un progetto che sappia esprimere il meglio. Che non è nemico del bene, come ci ricordano tutti i commentatori, ma è un impegno da prendersi proprio per rispondere al populismo, quello delle opposizioni e quello che abbiamo visto in questi anni al governo.
L’espressione morettiana e proverbiale risale a vent’anni fa. Era rivolta a D’Alema. «Di’ qualcosa di sinistra!». Poi immediatamente precisata in: «Di’ qualcosa!». almeno.
Nonostante sia una frase celeberrima, la politica la pratica pochissimo. Spesso si parla della sinistra in modo astratto, senza rendersi nemmeno conto che si tratta di un’espressione che se usata in questo modo perde significato, si riduce a politicismo.
Di qualcosa che abbia significato, che sia razionale, compiuto. E che sia repubblicano e laico. E che sia sì, di sinistra, nel senso però concreto del termine, capace di ridurre le disuguaglianze (ricordate Bobbio?), di estendere i diritti, di rendere accessibile al maggior numero le opportunità, che superi le consorterie.
Che abbia un rapporto critico con il potere e con il suo sistema, che non si adegui, che non si riduca ad esso.
Ora, queste cose segnano anche il confine e una risposta chiara alla questione delle alleanze. Se si condividono le cose, ci si allea. Altrimenti l’unità è farlocca, soprattutto se non difende la coerenza degli impegni e non usa parole nitide e chiare. Soprattutto se si rovescia nel suo contrario, come è accaduto in questi anni.
Un’unità fino a prova contraria, potremmo dire, che vale per il futuro ma si basa ovviamente sul passato, in questo caso recentissimo. Anzi, sul presente proprio, perché questa rappresentazione continua, «per concludere il percorso referendario avviato dal governo precedente», come si sente ripetere in continuazione, con il convitato (di pietra ma scalpitante) che è comunque il segretario del partito del governo.
Ecco, la scoperta delle cose, come abbiamo ribadito in occasione della Costituente delle idee, è l’unica salvezza per una proposta di governo credibile, coerente, rigorosa. Le ambiguità e le contraddizioni lasciamole agli altri. Con cui sarebbe il caso di non allearsi. Per non aggiungere contraddizioni a contraddizioni. E rovinare tutto quanto.
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