Pare che tutti si siano resi conto che all’ex-premier il centrosinistra non interessi, che punti a uno schema diverso, che non abbia alcuna intenzione di confrontarsi a sinistra.
Lo stesso Pisapia, dopo avere proposto un’alleanza tra Pd e sinistra poche ore dopo aver votato sì al referendum costituzionale, deve accettare suo malgrado che non c’è stato alcun cambio di paradigma e che non è intervenuta alcuna rottura dello schema.
Il renzismo, incoerente su quasi tutto, ha una propria coerenza, come personalmente denuncio fin dal 2013. E così è stato, è e sarà. Una sorta di coerenza dell’incoerenza. Che sembra un titolo della filosofia medieval, e invece è una chiave – a suo modo geniale – per affrontare i tempi presenti.
È stato un lavoro scientifico, una iniziativa declinata giorno dopo giorno per dimostrare che il centro potesse fare a meno della sinistra. Delle sue parole, dei suoi simboli, delle sue bandiere, della sua storia, dei suoi movimenti, dei suoi riferimenti. Di tutto.
Un centro meno sinistra, questo il vero significato del trattino tra i due concetti, mai così lontani.
Ciò non dipende dal fatto che Renzi abbia scelto un sistema che impedisce le coalizioni: le coalizioni erano impedite dalle scelte politiche di questi anni. Da un populismo di governo che ha fatto tutto quello che poteva per ‘rompere’. Da una gestione del potere centrista (appunto) e centralizzata, in cui il pluralismo è sempre stato un fastidio, il vero nemico del governo.
Personalmente mi sono battuto per denunciarlo, chiedendo di tornare al voto presto (allora lo diceva anche Renzi, e siamo ancora qui), prima di logorare definitivamente proprio quel centrosinistra di cui ora si vagheggia e non ricordo di avere trovato molte sponde, né a Roma e tantomeno a Milano, diciamo così.
Le cose non succedono ora, perché si sceglie un sistema elettorale. Sono successe già, perché si è scelto un sistema politico.
E non è questione di rancore e di identitarismo, come scrivono ancora i giornali, è una questione politica. E culturale. Molto prima che elettorale. Di visione del mondo e della società. Di concezione del potere e della democrazia. Di uso delle parole, anche.
Non averlo voluto vedere, scusatemi, è molto grave.
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