Fatemi dire una cosa su Ratisbona, anzi, non su Ratisbona, ma su ciò che accade ed è accaduto già anche in Italia.
Nonostante gli impegni dello stesso Bergoglio, siamo molto lontani dall’automatismo per cui qualsiasi caso di pedofilia che riguarda preti o intere comunità sia immediatamente denunciato alle istituzioni della Repubblica. Ci sono soluzioni ‘interne’, a volte, con cui si intende risolvere il problema. O allontanarlo dai riflettori e dalle sanzioni previste per chi viola i bambini. C’è una generale banalizzazione di questioni e vicende di estrema gravità. Ci sono casi disumani, che passano sotto silenzio. E sotto silenzio passano anche perché i media faticano a parlarne, in ragione di chissà quale paura, di fronte a ciò che fa più paura di qualsiasi altra cosa. La violenza sui bambini, le molestie, le sevizie.
È abbastanza triste rilevare che c’è praticamente un solo giornalista che ne scrive, in tutta Italia. Che nessun gruppo politico se ne faccia carico. Che nessuno intenda ragionare sulla modifica che abbiamo chiesto alla norma concordataria, per rendere più forte la collaborazione tra la Chiesa e la Repubblica italiana nell’affrontare casi simili.
In altri paesi ciò è diventato un tema mainstream. Qui da noi, invece, non si fa luce, si fa ombra. E si parla di Ratisbona: l’importante è che non sia in Italia.
Vogliamo vivere in un paese in cui le istituzioni, laiche e religiose, la stampa, la società civile stringano un’alleanza indissolubile contro gli abusi agiti nei confronti dei bambini.
Ci speriamo ancora, laicamente. E ostinatamente chiediamo che la nostra mozione sia discussa.
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