La chiamerei democrazia 4.0 se non detestassi l’espressione. Ciò che colpisce però è che quando si tratta di parlare di innovazione la questione della partecipazione e del controllo democratico si perda immediatamente.

Tutto riguarda la produzione, i servizi, mai le relazioni democratiche e i luoghi della decisione. Tutti alle prese con la globalizzazione, ma non con la sua democratizzazione. Siamo nel pieno della grande transizione matrioska e nessuno che comprenda che la questione dei robot e dell’intelligenza artificiale e dei big data è anche democratica, costituzionale.

Con Andrea Pertici abbiamo molto insistito con «Appartiene al popolo»: è venuto il momento di proiettare il concetto sulla scena europea e internazionale. Perché c’è l’urgenza della democratizzazione delle istituzioni e di meccanismi di controllo più evoluto del mercato, del fisco, della concorrenza.

Ci sono regole che valgono per i comuni mortali ma non per i nuovi dei, nell’Olimpo delle multinazionali. Che da soli muovono quasi tutto e, soprattutto per quanto riguarda il sistema delle informazioni e della presenza, sono i veri sovrani. Incontrastati. Liberi di muoversi e di muovere persone e cose.

Multinazionali dei diritti se ne vedono poche, all’orizzonte, perché la politica, ai tempi della crisi, è diventata ancora più «provinciale», virando verso il «coloniale», chiudendosi in se stessa, in ogni accezione del termine e dell’espressione.

C’è la questione della concentrazione del potere, decisionale, informativo, economico. C’è la questione di ciò che possa essere privatizzato e di ciò che debba essere tutelato, perché siamo di fronte a un cortocircuito: si privatizzano le informazioni personali e però il privato è uno solo, che si appropria di tutti gli altri ‘privati’.

Una sfida che lanciamo per dare maggiore chiarezza ai processi decisionali, ai meccanismi di controllo, alla possibilità di richiamare i propri rappresentanti, alla facilità di promuovere consultazioni popolari, al rispetto che si deve portare a chi guarda con fiducia alle istituzioni.

Ci siamo per anni interrogati sul conflitto di interessi, come se fosse di esclusiva proprietà di Silvio Berlusconi, ma abbiamo perso di vista che il conflitto di interessi si sta generalizzando in alcuni soggetti ben più potenti, quasi tutti fuori dall’Italia, moltissimi fuori dall’Europa.

Una questione costituzionale e democratica planetaria che qualcuno deve iniziare ad affrontare, cercando in altri paesi altri interlocutori politici e istituzionali disposti a fare lo stesso.

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