Ma quelli che – più o meno politicamente – diffidano della Ue, esattamente come risolverebbero i problemi dell’immigrazione? Se si abbattesse l’Europa o si erigesse un muro tra noi e Francia, Austria, ecc., l’Italia esattamente cosa farebbe?
E quelli che non vogliono i profughi nel loro Comune, come fanno a chiedere che li vogliano nei loro Comuni, in Italia e nel resto d’Europa? Con quale logica?
E gli amministratori che se la prendono con i privati (e i criminali) che speculano, come mai non ha scelto lo Sprar e l’accoglienza rigorosa, affidandosi ai privati che speculano?
E chi non vuole dare cittadinanza a bambini e ragazzini che sono nati e studiano in Italia, come gli altri ragazzini, come pensa di promuovere l’integrazione?
E chi parla di «invasione», di «assedio», sa che i profughi nel sistema dell’accoglienza rispetto al totale della popolazione sono il 3 per mille?
Sa che arrivavano più stranieri quando governava la destra?
Sa che il numero totale degli stranieri in Italia di fatto non aumenta da tre anni?
Sa che gli arrivi in Europa quest’anno sono diminuiti, e aumentano sulle coste italiane solo perché si è programmata la chiusura della rotta balcanica senza programmare le conseguenze per la rotta mediterranea?
C’è Solbiate, nel racconto di Stefano Catone, piccolo comune della Lombardia, e c’è anche Scusate, un toponimo che potrebbe andare bene per tutti i Comuni italiani. Perché a una classe politica che finora ha gestito male il fenomeno corrisponde una classe politica che si candida a governarlo senza idee e senza soluzioni.
Piccole questioni locali, si dirà. Che però riguardano molte località. E diventano quindi questioni nazionali.
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