Contro l’odio di Carolin Emcke (La nave di Teseo) è il libro che dovremmo leggere tutte e tutti, una cima gettata per tirarci fuori dal fango delle parole e delle azioni della politica attuale. Perché è la miglior analisi che abbia letto su ciò che accade oggi, tra neri di pelle e neri di fascio, tra razzismi scatenati e antirazzismi riluttanti: accade ovunque, in una continua polarizzazione, che travolge un mondo in transizione, dove le persone stesse lo sono, da un paese all’altro e dentro di sé (Emcke descrive anche la transizione della transessualità, in pagine di straordinario interesse, che consiglio di leggere e rileggere).
L’odio va affrontato respingendo il suo invito alla fraternizzazione. Chi affronta l’odio con l’odio, infatti, si è già fatto influenzare, deformare da esso. In parole povere, un po’ è già come vorrebbe che fosse coloro che odiano.
Emcke precisa:
Lo scopo dichiarato dell’Isis, infatti, è proprio la segregazione dei musulmani da un’Europa plurale, aperta e secolare. Attraverso lo strumento della polarizzazione sistematica. I loro ideologi provano ribrezzo per il miscuglio, il multiculturalismo e la libertà di religione della modernità illuminata. Così i fondamentalisti islamici e i radicali anti-islamici costituiscono una curiosa configurazione a specchio confermano a vicenda nel loro odio e nel loro dogma dell’omogeneità.
Bisogna riconoscersi nella pluralità, contrastare le degenerazioni, evitare essenzialismo e radicalizzazione (prima di tutto di se stessi). Molti settori dell’opinione pubblica stanno reagendo proprio come chi odia il nostro sistema democratico si augurava accadesse. A chi ci sbatte in faccia la sua purezza, rispondiamo con la nostra, in un crescendo pericoloso e forse irreversibile. Emcke chiede di fermarsi, di riconoscere ciò che costituisce il nostro profilo costituzionale. Noi siamo plurale, non unico, e certe nostalgie verso i regimi del passato dovrebbero farci riflettere ulteriormente. La «pluralizzazione delle prospettive» si basa su alcuni fondamentali elementi:
Spezzare tutti i collegamenti, le catene associative, le griglie deformanti, concettuali e visive, e le stigmatizzazione affermatesi con il passare degli anni e dei decenni; infrangere tutti i modelli percettivi attraverso cui gli individui vengono abbinati a collettività, e le collettività a caratteristiche e attribuzioni peggiorative.
Restituire significato, correggere, interrompere la corsa agli armamenti di parole e azioni pericolose.
Nella sua presentazione ieri a Mantova Emcke ha citato la pubblicità di uno yogurt in cui i bambini minacciano i genitori con il cucchiaino dicendo loro: «prima o poi la pagherete». Si è rivolta allora al pubblico del Festival Letteratura perché questa minaccia non sia lasciata in mano a chi ha modi e toni fascisti e razzisti, ma siamo noi a tenere in mano il cucchiaino. Quasi a dire: se seguiremo le pulsioni sbagliate, i ‘consigli’ di chi vuole rispondere all’odio con l’odio, in una inquietante simmetria, insistendo sulla nostra purezza contro la purezza altrui, prima o poi la pagheremo, per le ragioni opposte a ciò che ci viene ripetuto ogni giorno e che rimbalza da un titolo di giornale all’altro e attraverso le battute degli antisociali che frequentano i social.
Un ‘cucchiaino’ che indichi il pluralismo, l’urgenza di rispettare noi stessi e le istituzioni democratiche, senza farci contagiare dall’odio e da chi se ne serve politicamente.
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