In questi mesi (e tuttora) ne abbiamo sentite di tutti i colori: quando il tema sono i rifugiati e i migranti il problema è sempre un altro e l’unica soluzione è sgomberarli, privarli della libertà, sottoporli al rischio di subire torture. Si rifiuta qualsiasi approccio complessivo e complesso, che affronti a tutti i livelli la questione: ripetere che i migranti sono troppi, che esiste un limite all’accoglienza (qualsiasi cosa voglia dire e nonostante le persone ospitate nel sistema di accoglienza siano lo 0,3% della popolazione) è molto più semplice e risulta molto più gradito all’opinione pubblica. E cosa importa se neghiamo i diritti più basilari, a partire da quelli dei bambini.

Con Possibile abbiamo scelto un’altra strada. Ce lo dimostra il lavoro portato a termine quest’oggi (ma che continua) da Elly Schlein. Un lavoro fatto di emendamenti e trattative, in quei luoghi che la politica italiana frequenta poco, e che ha portato a un testo di riforma del regolamento di Dublino che supera il criterio del primo paese d’accesso per concentrarsi sui legami famigliari e affettivi, sulle precedenti esperienze, sulle aspettative delle persone.

E ce lo dimostra la proposta di riforma del Testo Unico Immigrazione (la “Bossi-Fini”) elaborata da Andrea Maestri insieme alle principali associazioni del settore. Così come la campagna per la diffusione dell’accoglienza fatta bene (“Sprar”! è il grido di battaglia), fatta di una mozione per i Consigli comunali, di una costante informazione e di un costante monitoraggio del sistema di accoglienza.

Tutto ciò nonostante Minniti. Che della Bossi-Fini si disinteressa e che del sistema di accoglienza si interessa molto, diminuendone la trasparenza (ha rimosso i relativi dati dal sito del suo Ministero) e diminuendo le garanzie a tutela di diritti fondamentali, attraverso accordi scellerati con i libici, un’intera estate passata a bombardare le Ong e un decreto che porta il suo nome.

Se da una parte c’è l’uomo forte (l’uomo nero?) e le sue misure muscolari che tanto piacciono ai compagni di Atreju, dall’altra parte c’è chi, con altrettanta radicalità, propone soluzioni rigorose e compatibili con la difesa dei diritti umani (come se non fossero patrimonio di tutti, tra l’altro). Sosteniamo proposte impopolari, ci dicono. A noi non interessa: sosteniamo soluzioni giuste e realizzabili, e tanto ci basta.

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