La paura blocca. Tutti fermi quindi, perché l’obiettivo massimo è quello di non peggiorare ulteriormente le cose. Sembra essere questo, al momento, il sentimento nazionale. Stiamo male, cerchiamo almeno di non stare peggio perché, si sa, al peggio non c’è fine. E, intanto, quasi nessuno si pone più il problema di dare un inizio al meglio.
Il fatto, però, è che l’Italia è già ferma da troppo tempo. Scontiamo un ritardo enorme sulle cose che contano veramente. Siamo indietro su tutti gli indicatori, le nostre infrastrutture sono fatiscenti, siamo agli ultimi posti in Europa per digitalizzazione, un pezzo del paese è stato messo in ginocchio da terremoti e inondazioni, i nostri giovani emigrano agli stessi ritmi degli anni ’50, siamo terzultimi in Europa per la spesa in istruzione, perdiamo 1.131 posti di lavoro al giorno, i pochi ricchi sono sempre di meno e sempre più ricchi, mentre i poveri sono in continuo aumento e sono sempre più poveri. Ma di questo non ne parla nessuno, siamo troppo impegnati a fronteggiare un’invasione che non c’è, a seguire palpitanti l’apertura di una busta che era stata già aperta, a stimare al rialzo la percentuale d’acqua nel corpo umano, a occuparci dell’esame di inglese di un prestanome che continuano a chiamare Premier.
E per opporsi a tutto questo, da qualche giorno, si moltiplicano le proposte di liste unitarie di sinistra alle elezioni europee. Come se ancora non si fosse capito che i contenitori hanno senso solo in presenza di contenuti.
La politica non è questo, la politica è quella cosa che affronta i problemi e cerca di risolverli, che ha senso soltanto se serve a far stare meglio le persone.
E allora, per smetterla con l’immobilismo, per dare risposte concrete, per dimostrare che c’è un’alternativa a chi fa solo propaganda speculando biecamente sulla pelle delle persone e dividendo il paese il 6 Ottobre noi saremo al centro del cratere nelle zone terremotate delle Marche. Tra Visso, Pieve Torina e Amandola. Anche lì, soprattutto lì, tutto è fermo. Da due anni. Tra le macerie, nell’attesa vana che la politica si manifesti in qualche modo. In una macabra metafora del Paese intero.
Noi ci saremo non per un convegno, né per un dibattito, né per una passerella tra le rovine, ma per impegnarci in un progetto concreto, mettendo a disposizione risorse e competenze. Possiamo farlo perché Beatrice Brignone, a differenza di tutti gli altri, è sempre stata presente in quella realtà durante questi due anni interminabili e grazie a lei e ai comitati di Possibile delle Marche, ora siamo in grado di fare qualcosa di vero che serve sul serio.
Ci vediamo lì, in quei territori interrotti, per dire che non vogliamo più stare fermi, che non abbiamo intenzione di rassegnarci al peggio e di darla vinta alla paura.
Perché la politica si fa facendola, l’Italia si ama Amandola.
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