Da casa leggo che c’è molto fermento in previsione della campagna elettorale delle Europee dell’anno prossimo.

Tutti parlano di fare cose contro, alcuni contro l’Europa, altri contro quelli che sono contro l’Europa, altri ancora contro chi c’era prima (in molti casi si tratta delle stesse persone, che c’erano prima, tra l’altro), altri, infine, contro tutto e basta.

Sono tutti molto preoccupati, al solito, delle alleanze e delle formule, ma nessuno che dica qual è il progetto, qual è il piano, in positivo, sul «da farsi».

Anni fa scrissi questo post. Inutile dire che come molte cose di Langer quell’appello non solo fu poco ascoltato, ma largamente disatteso.

Un piano che punti sull’innovazione, sulla mediazione, sulla biodiversità e, insomma, sulla qualità (perché è un problema di qualità, soprattutto, forse ora lo si è capito).

Al passato si risponde con un investimento sul futuro, sulla ricerca, sulla strategia in campo ambientale, prima del diluvio e dell’estinzione.

Al condono si risponde con una norma fiscale chiara, certa, continentale per le multinazionali.

Alla negazione sullo sviluppo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, si risponde con una strategia politica, che metta in ordine le informazioni, che si preoccupi della proprietà dei dati, che intervenga il prima possibile sulle trasformazioni sul mondo del lavoro.

Al sovranismo che poi sarebbe il solito nazionalismo si risponde con una politica europea di grande scala, degna di questo nome, sulle migrazioni, sulle disuguaglianze, sul modello di sviluppo.

Una proposta per l’Europa sarebbe naturalmente una proposta per l’Italia, che potrebbe diventare il paese dell’efficienza energetica, dell’economia circolare, della ricerca, dell’accoglienza fatta bene, della produzione avanzata, della qualità (vedi sopra).

Capisco che sia lontano mille miglia da ciò che vediamo ora e ahinoi da ciò che si vedeva anche prima, ma credo che solo sia così che si trova una strada. Non esistono più le mezze parole, potremmo dire. Se gli altri giocano pesante, dobbiamo farlo anche noi, che non ci adeguiamo, e progettare qualcosa di più grande. Che è un po’ il senso, che si va perdendo, per cui è stata concepita un’Europa politica. Langer lo diceva ormai trent’anni fa. La sfida è ancora quella.

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