«Più voti alla Lega, meno soldi ai Comuni»: lo slogan più semplice di questa campagna elettorale e il riassunto più fedele di quanto è accaduto in questi anni. Il federalismo come miraggio, la continua diminuzione di risorse ai Comuni, il taglio dell’Ici a chi non ne aveva alcun bisogno, una rigida interpretazione del patto di stabilità, il mancato coinvolgimento degli enti locali nella sfida alla crisi, come è successo, invece, in molti altri Paesi europei. Un nuovo centralismo regionale, fatto di tagli alle politiche sociali per i Comuni e di tanti «buoni», «voucher» e «assegni» dati in mano ai cittadini che poi hanno la «libertà» di arrangiarsi. Uno dei sindaci più popolari della Lega, quello di Varese, che restituisce la fascia tricolore, guidando la protesta dei sindaci dell’Anci della Lombardia e nessuno che si degni nemmeno di rispondergli. L’acqua avviata alla privatizzazione per decreto che ha cancellato di fatto le normative regionali e il nucleare per pochi (contro le rinnovabili per tutti) imposto senza discussione e senza dibattito, con i candidati del Pdl e della Lega che si schermiscono: «il nucleare sì, ma non qui da noi». Siamo passati dalla sindrome del «non nel mio giardino» all’idiozia del «meglio nel giardino del vicino». Ovviamente i siti atomici saranno dichiarati ‘dopo’ la campagna elettorale, all’insegna di uno straordinario rispetto della democrazia. Un bel po’ di demagogia sulla sicurezza, senza un piano per l’integrazione e la cittadinanza, senza che a nessuno venga il dubbio che certi processi, quotidianamente demonizzati, vadano anche governati, attraverso un impegno amministrativo e politico straordinario. Per il resto, un premier che parla ossessivamente di presidenzialismo e di lotta ai pm, come se fossero temi di interesse regionale (mentre gli interessi, al solito, sono i suoi). Perderà le elezioni, ma vincerà il cancro: a tanto siamo arrivati. In più il dibattito soppresso in tv senza possibilità di un confronto sul programma e sulle cose da fare, perché tanto siamo così informati da non aver bisogno di vedere un confronto tra i candidati presidenti in tv a pochi giorni dalle elezioni. Una crisi negata e, quando va bene, sottovalutata, sulla base dell’aureo concetto che l’ottimismo sia «il profumo della vita». Federalisti a parole, lontani dalla realtà del famoso ‘territorio’: sanno che si fermeranno a 3 o 4 regioni. Attenti, però: non saranno federalisti nemmeno nel conteggio dei voti, perché ne faranno un unico ‘fascio’, da Biella a Gioia Tauro. E, allora, impegniamoci in tutta Italia, perché queste sono elezioni di grande significato politico. E ogni singolo voto conta, proprio come dovrebbero contare i singoli cittadini e i loro Comuni, abbandonati dalla destra.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti