Ci sono immagini a cui siamo affezionati e lo siamo sempre di più. Immagini di cui faticheremmo a fare a meno, nell’affrontare la cronaca di ogni giorno, in questo tempo livido e vigliacco. Le condividiamo, le passiamo di mano in mano e di profilo in profilo, per sentirci meno isolati, meno soli.
Sono le opere con cui l’immaginazione di Mauro Biani ci consegna la realtà, ci orienta alla sua comprensione, ogni giorno. Ne precisa i contorni, calca sulle fratture che la attraversano, solleva il velo che la copre per farci intravvedere ciò che non c’è e che invece dovrebbe importarci ci fosse.
Dopo La banalità del ma, Biani ci propone dieci storie, ideate da Francesco Foti, che omaggiano Gianni Rodari. Quasi “vignette dal futuro”, ne indagano contraddizioni e possibilità, tramite l’espediente del racconto favolistico e la magia che ogni disegno porta con sé.
Dieci storie per cambiare non va visto soltanto come un libro per celebrare il centenario di Rodari ma soprattutto per recuperarne lo spirito, in particolare nel suo costante invito proprio all’esercizio dell’immaginazione, che ci consente di vedere con più chiarezza o, a volte, di ‘rovesciare’ le cose, per rimetterle al loro posto. Perché il racconto spesso è velenoso come quella mela, perché il pifferaio segue oscure melodie, perché il pesciolino d’oro nessuno lo pesca più.
Ne abbiamo bisogno, per tornare a guardare il futuro, per costruirne uno migliore. E proprio come nelle storie che ci propongo Mauro Biani e Francesco Foti in questo libro, il finale è ancora aperto, tutto da scrivere. Inaspettato. E però atteso.
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