Flavio Insinna ha straragione. La caccia non è uno sport. Peraltro lo ammettono – sommessamente – gli stessi cacciatori.

Nonostante miri in molti casi senza curarsene troppo all’estizione delle specie animali, è la caccia che si sta estinguendo.

Nel 1980 i cacciatori erano 1,7 milioni (3% sul totale della popolazione).
Nel 2017 – ultimo dato – 700.000 (1,2%).

La popolazione è prevalentemente anziana. La quota maggioritaria si colloca tra i 65-78 anni.

In compenso, al diminuire dei cacciatori, sono aumentare le licenze per il porto di fucile per caccia. La ragione, la campagna sconsiderata di Salvini e altri ultradestri per la corsa alle armi per difesa personale.

Questo è il quadro. Il referendum del 1990 andò male per un errore tattico: si divise il fronte degli anticaccia da quello – concorde sul punto – dei coltivatori.

Ciò che dice Insinna è semplicemente corretto, rigoroso e moderno. È il caso che le sue parole siano riprese anche da chi negli studi televisivi ci va come ospite politico, legislatore, ministro. Anche perché molte questioni – delicate – sono aperte: oltre alla necessaria verifica su chi detiene armi da caccia ma non le usa per cacciare, la questione dell’autorizzazione della caccia nei fondi privati, la pericolosità di alcune situazioni e, se volete, anche un suo definitivo superamento.

Ah, ovviamente la destra è contrarissima. Strano.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti