Qualche anno fa mio marito mi fece un predicozzo (che riguardava entrambi) sul fatto che ad un certo punto avremmo dovuto rispondere a nostro figlio, ed ai giovani tutti, della disfatta della politica e di quello che portava con sé. Mi sentii molto a disagio. Non sono adatta alla politica, al conflitto, al confronto duro, non sono mai strategica. Mi difesi dicendo che politica si fa in tanti modi. Per me lavorare sulla cultura e i musei, in questo paese dove il “pubblico” si sfalda nel vecchiume e negli arzigogoli, dove i percorsi di formazione sono da mettere in salvo dalla slavina, dove si campa a fatica, è fare politica.
Poi ho incontrato Possibile. Da qualche anno seguo, leggo, ascolto, parlo con loro. Ne vedo fatica e lucidità. Ho conosciuto persone davvero speciali.
E intanto sono diventata decisamente più matura anagraficamente. Anche se ho la sensazione di fare una sorta di coming out qui ora su una questione privata, ecco vi voglio dire che sono alla seconda tessera di Possibile. Perché i temi che gli stanno a cuore sono i miei: parità di genere, ambiente, salari, progressività fiscale, diritti umani. Perché si sono iscritti tanti giovani, tanti. E lo trovo bellissimo. E voglio mettermi al loro fianco.
Perché sono i nostri piccoli gesti che fanno il mondo. Ecco il mio piccolo gesto è questo, insieme agli altri. E’ un impegno, e uno sforzo, e un’eccezione che faccio in deroga ad un mio modo di essere, questo parlarne. Ma ritenevo importante dirlo.
L’ispettore Vassalotti legge questo post di Maria Elena, un’aderente milanese a Possibile, e trasecola. Il fenomeno è intergenerazionale. La notizia lo incupisce, non sa perché. Era rimasto che fosse una moda giovanile, quella dell’iscrizione. Certo, una moda fuorimoda ma comunque una moda. E invece.
Non sa se comporre il numero di Coloccini. Questa cosa che dopo i nuovi (nuovissimi!) ora si siano messi a crescere i rinnovi, quasi fosse un’impellenza, se la spiega ancor meno.
La politica fa schifo. E come mai questi qui usano parole diverse?
Non si dà pace. È abituato a risolverli, i casi, non a seguirli con apprensione e malcelata curiosità. Perché, si rende conto anche lui, si sta facendo “prendere”.
Ha letto da qualche parte, sulle pagine di questi matti:
Non è retorica, è politica.
Non è tattica, è politica.
Non è comunicazione, è politica.
Non è calcolo, è una tabella. Quindi è politica.
Vassalotti indaga, non cede. Però si appassiona. Sarà un “caso”?
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