Mi scrive Annamaria da Cremona. Non intendo commentare.

A Cremona, i feti abortiti di cui non viene esplicitamente richiesta sepoltura o cremazione, sono presi in carico, in forza di un accordo con l’Azienda Ospedaliera e con l’Amministrazione comunale, da un’associazione religiosa che si occupa a proprie spese della procedura d’inumazione. L’interramento è accompagnato da un rito di sepoltura con una preghiera di benedizione. Il primo “funerale” questa mattina (7 maggio). L’associazione Difendere la vita con Maria è un’organizzazione di volontari che operano, presso i centri ospedalieri dove vengono effettuati aborti, con la finalità di promuovere il seppellimento dei feti che, a causa di aborti naturali o volontari, non sono venuti alla luce. L’associazione combatte la legge 194 con i sistemi di pressione che le sono più consoni, facendo mostra di spirito caritatevole, certo non nei confronti delle donne e della loro vita, ma con l’intento di equiparare, prima nel sentire comune e poi nella giurisprudenza, il feto ad una persona dotata di diritti riconosciuti dalla legislazione italiana. Il passo successivo è breve: se il feto è un soggetto giuridico, l’aborto è un omicidio. È evidente il pesantissimo e colpevolizzante carico che si vuol gettare sulle spalle delle donne cremonesi che hanno affrontato l’immenso dolore dell’interruzione volontaria di gravidanza. In questa vicenda chi non fa bene il suo mestiere sono le istituzioni locali. La legge italiana prevede e consente la sepoltura di feti, venendo incontro alle convinzioni etiche delle donne che ne hanno la volontà e la richiedano espressamente. È una legge che prevede, non obbliga. Il Regolamento regionale lombardo specifica che qualora la donna non ne faccia richiesta sarà obbligo delle istituzioni farsene carico. A Cremona l’Azienda Ospedaliera e il Comune sono andati molto oltre. Con quest’accordo, ancora tutto da chiarire alla pubblica opinione, stilato in assoluto spregio della libertà di scelta e della pluralità di convinzioni etiche e religiose delle donne, hanno calpestato il fondamentale principio di laicità delle istituzioni.

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