E niente, anche quest’anno è il 20 aprile, giornata della cannabis, e siamo ancora fermi al palo del proibizionismo.
Da cinque anni le abbiamo provate tutte: una raccolta di firme per una petizione popolare con i Radicali, un intergruppo – forse il più largo della storia repubblicana – nella passata legislatura, un libro che ho scritto nel 2016, una campagna a tambur battente, giorno dopo giorno.
Intanto legalizzava il Canada, il Messico, negli Stati Uniti moltissimi Stati e ora si ragiona sulla legalizzazione a livello federale.
La cosiddetta “guerra alla droga” ha fallito e benché il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sia stato, all’inizio dei Duemila, premier del Portogallo che decise di depenalizzare il consumo (in quel caso l’allarme era dato dal connubio mortale tra eroina e Aids), nessuno ne parla politicamente sul serio, né in Italia né – salvo eccezioni – in Europa.
Noi insistiamo e non perché ne facciamo uso, come scrivono i soliti commentatori imbecilli, ma perché è un fatto miliardario, sotto il profilo economico, riguarda il contrasto al male più grande – la mafia, renderebbe più consapevole il consumo di milioni di consumatori che comunque la cannabis la consumano, appunto. Perché poi siamo in Italia, e quindi anche ciò che è vietato può prosperare, ma così salviamo le apparenze, manteniamo un costosissimo apparato repressivo, roviniamo la vita alle persone.
Tutto molto bello. Buon 20 aprile. 2021.
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