Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.

«Lo strazio e ’l grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
tal orazion fa far nel nostro tempio».

Oh, finalmente sono stati consegnati alla giustizia gli imbrattatori! La vernice era lavabile, guarda un po’, ed è stata lavata. Le apparenze sono state salvate e le istituzioni sono apparentemente salve. Tutto è già perfettamente ripristinato e pulito e poco importa, invece, che la mappa con le punte di caldo sia invece uguale a prima. Rossa, rossissima.

La destra si impanca contro questi pericolosi sovversivi. La sinistra, o quello che ne è rimasto, parla di maleducazione e di decoro. Tutto procede allegramente e però con convinzione verso il baratro.

Quando ho visto le immagini del Senato colorato in rosso, ho pensato: ora apriranno un grandioso dibattito sul fatto che il nostro Paese, le nostre istituzioni, il governo attuale e quelli precedenti, la Repubblica in tutte le sue articolazioni, stia facendo poco o niente per affrontare la questione climatica. Anche perché la maggioranza di chi occupa quegli scranni teorizza proprio che non si debba fare nulla e quindi, con inossidabile coerenza, non fa nulla. Anzi.

E invece è accaduto l’esatto contrario. Il portone, una volta ripulito, si è chiuso nuovamente sulla questione, con grande sollievo da parte di tutti coloro che si proclamano responsabili senza rendersi conto di essere davvero responsabili (!) di ciò che sta accadendo con il clima.

Perché non va bene imbrattare i portoni del Palazzo e – vi do una notizia – lo sanno benissimo anche i giovanissimi di Ultima generazione. Però è curioso che si usi un approccio criminale nei loro confronti quando – in tutta evidenza – i criminali sono altri. Lo ha affermato anni fa Tom Hartmann: chi governa il mondo, chi guida le sorti del nostro sistema economico, chi ha la possibilità di cambiare le cose e non lo fa, andrebbe portato a L’Aia con l’accusa di crimini contro l’umanità. E lo stesso dovrebbe accadere con chi, avendo la possibilità di decidere, addirittura nega i cambiamenti climatici, confondendo ogni giorno le idee dei cittadini e degli elettori.

Dire così, nell’epoca del cazzocene (importa), sembra dirla grossa, ma tra qualche anno ci chiederanno dove eravamo e che cosa abbiamo combinato. E i toni si scalderanno, altro che.

Non si è colto nemmeno un altro significato metaforico dell’episodio, mentre tutti erano alle prese con il dibattito sulla necessità di alzare le pene per i piccoli criminali, che hanno agito indisturbati (a proposito di quella sicurezza a cui torneremo tra un attimo). Colorare di verde – di rosso quasi mai – le proprie proposte è diventata un’abitudine e una prassi aziendali, in una politica (intesa in senso largo) che è sempre più marketing senza fondamento alcuno. Si chiama greenwashing e il washing lava via tutto dalla superficie e dai contenitori, mentre dei contenuti si parla pochissimo.

Da ultimo, si è spesso preso in giro l’andazzo pacifico dei ragazzi del venerdì, creativi e quindi velleitari. Ragazzini, appunto. Ora li si dipinge, è proprio il caso di dirlo, come violenti. E però la violenza – quella vera – accompagna sempre di più i cambiamenti climatici e la richiesta di sicurezza – per citare un’altra bandiera della politica del nostro tempo – si rovescia nel suo contrario per miliardi di persone. E anche per noi. Lo si vede, nel nostro piccolo, ogni volta che un evento meteorologico influenzato dal cambiamento climatico colpisce il nostro territorio imbrattato dalla nostra secolare incuria, dall’aver verniciato i nostri paesaggi di cemento e di asfalto, dall’aver macchiato di inquinamento ogni singola plaga del paese e del pianeta.

Ci vuole una classe dirigente senza macchia, e siamo d’accordo, e senza paura. Di cambiare le cose, di fare scelte impopolari, di pretendere responsabilità da se stessa e dalla società. Di darsi un piano che non dia immediata soluzione (un abbaglio) ma che sia di ampia portata, così come lo sono i problemi da risolvere. E di uscire dal ridicolo e dal grottesco, perché abbiamo totalmente perso il senso delle proporzioni. E anche l’episodio del vile imbrattamento e del dibattito inverosimile e surreale che ne è seguito lo conferma, una volta di più.

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