Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.
Pisa è stata, poco più di un mese fa, al centro del dibattito pubblico nazionale per la repressione dei giovanissimi manifestanti per la Palestina e per il cessate il fuoco. Repressione condannata con le parole più alte dal Presidente della Repubblica e invece compresa – quando non addirittura giustificata – dalle parole più basse, quelle del governo attualmente in carica.
C’è un testo del Collettivo della Scuola Normale Superiore di Pisa che riflette sulla mobilitazione per la Palestina dentro la Scuola e in tutta la città. Vale la pena leggerlo tutto, lo trovate qui.
Un capoverso mi ha fatto soprattutto riflettere:
Insieme abbiamo scoperto una nuova gioia: fervente, collettiva, piena di rabbia ma fatta di collaborazione e partecipazione. Ci manca, e forse non a caso, una parola per descriverla: non è una gioia spensierata. Non è una parola che ci hanno insegnato in classe, non l’abbiamo trovata nei nostri libri. Sicuramente non è serena felicità: è passione di vita e libertà, profondamente consapevole della morte e dell’ingiustizia che dalla loro oppressione derivano e che la rendono densa di preoccupazione e contrarietà. Con questa nuova gioia abbiamo alzato insieme la bandiera palestinese e l’abbiamo portata all’interno dei luoghi della nostra formazione. Perché quella bandiera ci insegna la resistenza, ci interroga su quello che facciamo ogni giorno, su quello che studiamo e sul perché delle nostre ricerche.
Una gioia che non è spensierata, una felicità che non è serena, ma che insistono comunque a chiamare gioia e felicità, e aggiungono che sono collettive e fatte di passione di vita e di libertà.
Perché senza il conflitto e il riscatto, e senza l’entusiasmo che li deve accompagnare, non esiste sinistra. E forse non esiste nemmeno politica.
Teniamole a mente, sono solo poche righe.
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