Pierluigi Bersani, oggi, fin dalla copertina dell’Unità, lancia la «campagna d’estate» e promette un «gioco d’attacco» del Pd contro il governo B. Ne avevo scritto negli stessi termini e sullo stesso giornale, qualche giorno fa, e mi fa molto piacere che Bersani voglia giocare in modo più offensivo e a tutto campo (perché tutto, in quel campo, si tiene, dalle intercettazioni ai diritti costituzionali, da Pomigliano alla manovra). E, allora, ripensando alla gentile metafora del «prendere a calci» i vecchi leader adottata da Romano Prodi, mi viene da fare una leggera correzione: forse non è il caso di fare fallo o di giocare pesante, entrando a gamba tesa sui leader del passato: è il caso di comportarsi meglio, di proporre «giocate» diverse, di illuminare, se si riesce, la partita con soluzioni inattese. Questo è il compito del vivaio, questo, mi pare di poter dire, è il futuro che gli elettori del Pd si aspettano dai giovani. Non la sfida «scapoli versus ammogliati» di fantozziana memoria, ma una squadra in cui i giovani si guadagnino il ruolo di titolari. Giocando bene, giocando meglio. Il pubblico invoca la sostituzione: deluderlo sarebbe criminale. Evviva il gioco d’attacco di Bersani: speriamo che la formazione che schiererà nelle prossime settimane sia all’altezza della situazione, perché il campionato che si è appena concluso è stato caratterizzato, come si suol dire, da luci e ombre e da «giocatori tristi che non hanno vinto mai»…
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