Mario le scrive così. Che suggerisce, come si è cercato di fare più volte, e come si cercherà di fare ancora, di «capire» e di «condividere», pensando a quel frame che dobbiamo ripensare.
Ed ecco il paradosso attuale. Da un lato ci vorrebbe una capacità di intervento immediato nella crisi (con linguaggi che materializzino nell’esperienza delle persone proposte credibili). Ma per riuscirci bisognerebbe avere anche una più adeguata capacità di analisi e di rappresentazione della realtà. Questo chiede tempo. E soprattutto il coraggio sia di attribuire priorità allo studio, alla analisi, all’approfondimento sia di abbandonare vecchi riferimenti nostalgici. Invece questi problemi sono ritenuti astratti, lontani dalle persone, autoreferenziali. Si spende molto di più per “dire” che per “capire” o per “condividere”. Forse si teme di sollevare più confusione di quanta se ne riesca a risolvere. Ma di lì bisognerà passare.
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