La notizia è questa. Ci si chiede se sia tutto normale, se nessuno abbia nulla da dire, se la Lombardia non debba reagire di fronte a simili episodi.
L’altro giorno mi sono rivolto al ministro Maroni per chiedere un suo interessamento nei confronti delle vicende brianzole e, in particolare, della gravissima situazione che riguarda il Comune di Desio, in cui numerosi esponenti al governo della città sono citati nell’inchiesta contro la ‘ndrangheta. La risposta, piccata, è venuta da un leghista di secondo piano che, da una parte non ha capito che mi rivolgevo al ministro dell’Interno dal punto di vista istituzionale (e pensare che lo avevo anche scritto), dall’altra ha cercato, per l’ennesima volta, di coprire il fatto che la Lega, di fronte a simili episodi, non dice assolutamente nulla (al di là del coinvolgimento, tra l’altro, di un suo esponente, che almeno smentisce).
E Formigoni? Non dovrebbe essere il primo a chiedere chiarimenti, a pretendere assunzioni di responsabilità, a invitare alla riflessione un partito – il suo – in cui sono ormai quotidiani i coinvolgimenti di rappresentanti che fanno parte della sua maggioranza? Pare abbia altre mozzarelle da pelare, siamo d’accordo, ma una reazione che sia una?
Dopo Ponzoni, ex-assessore all’Ambiente, ora segretario d’aula in Consiglio, un pupillo che Formigoni ha sempre difeso a spada tratta, ora si parla di un altro collega, sottosegretario in Regione all’epoca dei fatti.
Per il primo, il Pd aveva chiesto di poter discutere in aula le dimissioni, ma la mozione è rinviata a settembre, perché la maggioranza ha fatto quadrato. Un fatto a suo modo incredibile e gravissimo: la maggioranza vuole difenderlo? Venga in aula, che cosa c’è di più trasparente e corretto, sotto ogni punto di vista? Per il secondo, sarebbe opportuno che fosse Formigoni a fare chiarezza. Subito. Questa mattina. E lo diciamo non certo per interesse di parte, ma per chiedere di accendere una luce ufficiale sulle numerose ombre che accompagnano l’inizio di legislatura. La vicenda delle firme (mozzarelle) sarà anche falsa, ma perché non risponde alla domanda più semplice: lei, presidente, quelle telefonate le ha fatte? Parlo di Arcangelo Martino e della cosiddetta P3. Ce lo vuole dire, o la dobbiamo chiamare direttamente, magari al telefono?
Dice: «mettetevi nella situazione di quei giorni». Ci siamo messi, e siamo anche andati a votare, ricorderà. Ma ora vuole rispondere sulle mozzarelle e sulle inchieste di cui parlano tutti i giornali?
Quando si parla di mafia, bisogna poter chiarire tutto, ben prima delle sentenze. Proprio perché non siamo giustizialisti, no, al contrario: ci piace la politica. E i politici che su certe cose non nicchiano.
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