Oltre all'ultimo Eco, una sorta di WikiLeaks risorgimentale e tardo ottocentesco di sicuro pregio (con un Ippolito Nievo tra i protagonisti, come posso non apprezzarlo?), c'è parecchio da leggere per salvare l'Italia (mutuando il titolo del libro più bello, quello di Paul Ginsborg, Salviamo l'Italia, appunto).
Magari ripartendo da La Patria, bene o male, di Fruttero & Gramellini (Mondadori 2010), per 'ripassare' l'Unità senza troppa retorica e con puntuali riferimenti ai motivi per i quali siamo così (risponditore automatico: perché lo siamo sempre stati).
In Regione continuo a ricevere biglietti di auguri con citazioni di don Giussani (chissà come mai). E allora consiglio la lettura de La lobby di Dio di Ferruccio Pinotti, Chiarelettere 2010, il più bel libro (speriamo non rimanga anche l'unico) dedicato a Comunione e Liberazione. Il 'punto' è a pagina 28: «Il libero mercato è spesso una chimera: siamo in presenza di un modello corporativo. La politica determina le dinamiche economiche, non vi è una separazione tra mercato e intervento pubblico». Questo è il succo del famoso modello lombardo di Formigoni & Co. E a pagina 69 potrete scoprire anche chi è l'autore (democratico) della frase: «Perché tra noi [Pd] e voi [Cl] le radici sono le stesse».
Un altro testo di sicuro interesse è Metastasi (sempre Chiarelettere 2010), curato da Gianluigi Nuzzi con Claudio Antonelli. Perché la Lombardia è terra di 'ndrangheta e la politica lo 'sa'. E non da oggi. Nel racconto di uno dei pochissimi pentiti, particolare rilevanza assume la figura di Gamma, un ministro leghista di Lecco, e l'inquietante caso delle ceneri di Gianni Versace.
A chi crede che in questo Paese si debbano cambiare prima di tutto le parole, sono dedicati due libri. Quello di Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli 2010, e quello (brevissimo) di Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente, Einaudi 2010. Quest'ultimo scrive: «Oggi è politicamente corretto il dileggio, l'aggressione verbale, la volgarità, la scurrilità. È politicamente corretta la semplificazione, fino alla banalizzazione, dei problemi comuni. Sono politicamente corretti la rassicurazione a ogni costo, l'occultamento delle difficoltà, le promesse dell'impossibile, la blandizia dei vizi pubblici e privati proposti come virtù. […] Proprio il linguaggio plebeo è diventato quel "politicamente corretto" dal quale dobbiamo liberarci, ritrovando l'orgoglio di comunicare tra noi parlando diversamente, non conformisticamente, seriamente, dignitosamente, argomentatamente, razionalmente, adeguatamente ai fatti».
Da non perdere (e per non perdere) la lettura di Marco Revelli, Poveri, noi, Einaudi 2010, che muove dallo 'stronzismo' delle mille ordinanze padane, per raccontare un Paese che impoverisce e che se la prende con il più povero, in uno scandaloso rovesciamento del concetto di uguaglianza e di distribuzione della ricchezza che caratterizza perfettamente l'Italia degli ultimi anni. Un Paese fragilissimo, esposto a tutto e a tutti e sempre meno forte, incapace di interpretare i conflitti e di 'elevarli' perché li adotta immediatamente per strumentalizzarli e piegarli alle dinamiche del consenso elettorale.
Infine, non posso non citare i nostri piccoli, grandi 'vagoni': Attacco alla Costituzione. Giorno dopo giorno, articolo per articolo, Mandiamoli a casa, i luoghi comuni. Razzismo e pregiudizi, istruzioni per l'uso, Un Po di contraddizioni. Il libro verde della Lega, Federalismo fiscale. La grande illusione.
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